Migliaia di prodotti di carnevale pericolosi sequestrati dalla Guardia di finanza

In concomitanza del carnevale, la Guardia di finanza di Crotone ha intensificato l’attività a tutela dei consumatori con particolare riguardo alla sicurezza delle merci.

Nel corso di un' operazione, i dai baschi verdi della Compagnia di Crotone hanno sequestrato 80 mila articoli pericolosi o contrafffatti.

Grazie ad un’articolata attività info-investigativa volta all’individuazione di articoli merceologici commercializzati in violazione delle disposizioni normative imposte sulla sicurezza dei prodotti e sulla contraffazione dei marchi registrati, i militari hanno potuto riscontrare la sussistenza di una serie di fattori di rischio per la possibilità che gli articoli immessi sul mercato avrebbero potuto nuocere alla sicurezza dei consumatori e, in particolare, dei bambini.

Infatti, in dermatologia si sottolinea, in questi casi, il rischio di dermatiti o, addirittura, di altre patologie più gravi che si possono verificare al contatto dell’epidermide con i prodotti non a norma contenenti sostanze tossiche e nocive per la salute. Il blitz ha portato al sequestro di circa 80 mila articoli, tra vestiti di carnevale, maschere, parrucche, pistole “spara coriandoli”, confezioni di bolle di sapone, trucchi, articoli di bigiotteria non riportanti alcuna indicazione sulla provenienza e sui materiali utilizzati per la loro realizzazione, nonché, riproducenti in maniera contraffatta, noti marchi per bambini quali “Disney” e “Minions”.

La titolare della ditta che rischia una sanzione amministrativa per l’importo di oltre 25 mila euro è stata anche denunciata all’Autorità Giudiziaria per ricettazione, contraffazione e frode in commercio.

 

A Gerocarne un Carnevale all’insegna dell’unità

"È stato un carnevale, quello appena passato, come raramente se ne sono visti a Gerocarne, dove il divertimento, l’unità e lo stare insieme hanno fatto da collante per una manifestazione - afferma Vitaliano Papillo, sindaco di Gerocarne - senza dubbio riuscita con successo, a dimostrazione che quando si partecipa in tanti e si fa gruppo le iniziative sono capaci di coinvolgere la collettività, che diventa un corpo unico rivolto alla realizzazione di quanto più importante per essa vi sia: la promozione del bene comune. Sono rimasto davvero colpito nel vedere una partecipazione così massiccia, sia da parte dei residenti a Gerocarne centro sia da parte dei cittadini di tutte le frazioni i quali, ognuno per ciò che ha potuto fare, hanno tutti contribuito a rendere unico questo momento di stare insieme, palesando le grosse potenzialità che può avere il paese di Gerocarne, il quale può davvero rinascere se si agisce per il suo bene e per quello di tutti noi". "Certamente - commenta il Primo Cittadino - una grossa parte del successo va attribuita alla presenza dei carri allegorici, che quest’anno hanno brillato per bellezza, fantasia e magistrale fattura: un grosso grazie, quindi, va rivoto ai gruppi che si sono impegnati con passione nella loro realizzazione, invitandoli ad essere così creativi e partecipativi in ogni occasione che si possa immaginare durante tutto il corso dell’anno. Ma il successo della manifestazione lo si deve anche agli addobbi che sono stati realizzati e che hanno trasformato il paese in una simpatica e variopinta bomboniera. Un grazie, poi, ai parroci delle nostre parrocchie per il loro prezioso apporto. Ai genitori, che con il loro impegno sono stati un significativo esempio che mi auguro sia da futuro stimolo per i loro figli e nipoti, affinché possano dare vita ad una nuova generazione attiva e fattiva nella riproposizione di eventi così belli e coinvolgenti. Ed il carnevale gerocarnese 2016 è stato anche una delizia dei palati, grazie ai tanti dolci tipici preparati da numerose volontarie, che hanno saputo rendere più completa la manifestazione anche dal punto di vista culinario. Insomma, sono stati tre giorni veramente piacevoli, in cui tante piccole cose ed il contributo di ognuno hanno contribuito a rendere ancor più grande un evento, vissuto intensamente da grandi e piccini". "Hanno contribuito a rendere ancor più grande un paese, che quando vuole - sostiene infine Papillo - sa dimostrare la sua reale tempra. Dovremmo farlo più spesso!"

 

Martedì Grasso: il maiale, il vino e l'epitaffio del Carnevale

Il Martedì Grasso, nel rito romano, segna la fine del Carnevale (in quello ambrosiano si conclude il sabato successivo) e l’inizio della Quaresima.

In origine si trattava di una ricorrenza particolare che, come tradisce il suo aggettivo, era dedicato alle laute libagioni che precedevano il Mercoledì delle Ceneri e quindi l’astinenza e le rinunce tipiche del periodo quaresimale. Nonostante i mutamenti che ne hanno stravolto il significato, in molti casi, lu “Marti di lazata”, come viene chiamato a Serra per via dell’usanza di astenersi dalla carne che veniva conservata (lazata) nei quaranta giorni successivi, offre la possibilità di compiere un viaggio nel tempo che inizia e finisce attorno al desco. L’unico protagonista che rinuncerebbe volentieri all’invito è il maiale.

Preparato e servito prevalentemente al sugo, raggiunge la sua apoteosi con le polpette. Mentre altrove la tradizione ha dato centralità ai dolci, soprattutto nella parte interna della Calabria, “li pruppietti” fritte o affogate nel ragù non possono assolutamente mancare. Accanto al suino, nei panni di guardia d’onore, trovano posto i bottiglioni con il pastoso vino rosso cui è affidato il compito di sciogliere la lingua e spezzare le barriere del tempo.

Fino a qualche decennio addietro, la cerimonia non veniva celebrata esclusivamente al riparo da occhi indiscreti. Piuttosto, in aderenza al significato più autentico del Carnevale, gruppi di uomini in maschera si concedevano il “giro” delle cantine. A dare un’icastica descrizione di ciò che accadeva è stato il compianto Vinicio Gambino, il quale nel suo “Racconti Serresi”, nel capitolo “Vecchio Carnevale”, descrive un Martedì Grasso degli anni Quaranta iniziato a “ casa” di un amico dove, "dopo aver bevuto un bicchiere di vino, si improvvisano cantanti lirici”. Scelto il “vestito che più si conf[à] al personaggio” i componenti la comitiva scendono in strada per farsi “ammirare”.

Dopo la tappa obbligata su corso Umberto I, inizia il pellegrinaggio a casa degli amici.

“Finito il giro – continua Gambino – ci addentrammo, poi, nelle strade secondarie. Durante il tragitto incrociavamo altre persone in maschera”. Rimasto immutato, o quasi, nella sua conformazione urbanistica, il centro storico ha cambiato sostanzialmente la sua composizione sociale. Dove oggi c’è una porta sbarrata, ieri c’era una bottega artigiana; dove c’è una casa cadente, ieri c’era una cantina. E proprio quest’ultima era una delle ragioni per le quali si batteva il selciato della vecchia Serra. Giunta davanti alla porta della cantina, la comitiva entra “per bere un bicchiere”. La serata, ovviamente, va avanti fino a quando “stanchi, alticci e assonnati”, lungo via Roma viene incrociato “un breve corteo: quattro robusti giovani, seguiti da un gruppetto di maschere che piangevano con alte grida, portavano in spalla una bara su cui stava accovacciato un ragazzo mascherato che con la mano sinistra reggeva un fiasco di vino e con la sinistra una resta di salsicce: era il funerale di Carnevale”, il cui epitaffio era sempre lo stesso "Niesci tu puorcu mangiuni, ca tras’io sarda salata”. La serata, non poteva essere altrimenti, una volta smessi i vestiti carnascialeschi si concluse con “l’ultimo bicchiere: quello della staffa”.

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Operazione “China Carnival”: sequestrato oltre mezzo milione di maschere

Le Fiamme Gialle, nell’ambito di interventi finalizzati a prevenire la commercializzazione di prodotti nocivi o pericolosi per la salute predisposti proprio in occasione delle festività di Carnevale, hanno sequestrato oltre 500mila maschere e vestiti di carnevale, destinati alla libera vendita, carenti dei contenuti informativi e pericolosi per il consumatore. L’operazione, denominata China-Carnival, sviluppata a seguito del quotidiano controllo del territorio, ha permesso di individuare società gestite da soggetti di nazionalità cinese che ponevano in vendita articoli di carnevale pericolosi provenienti dall’area asiatica. Nel corso degli interventi i finanzieri del Comando provinciale di Cosenza hanno individuato migliaia di capi ed accessori d’abbigliamento da utilizzare per i travestimenti di carnevale, quali maschere veneziane, maschere di personaggi di fantasia, parrucche, oltre ad una serie di altri prodotti, destinati alla vendita in violazione delle prescrizioni di sicurezza e trasparenza a tutela del consumatore di cui al D.Lgs 206/2005 (Codice del Consumo). Gli articoli di Carnevale in sequestro, destinati prevalentemente ai consumatori più giovani, sono risultati potenzialmente pericolosi poiché gli acquirenti, indossandoli, sarebbero stati esposti al rischio di contrarre infezioni cutanee e/o altre malattie dermatologiche. A conclusione dell’operazione sono stati posti sotto sequestro oltre mezzo milione di maschere e vestiti di Carnevale ed i legali rappresentanti delle società coinvolte sono stati segnalati alle Autorità competenti. Prosegue anche nel periodo di Carnevale l’attività di prevenzione e repressione delle Fiamme Gialle volta al contrasto dell’illecita commercializzazione di prodotti, in violazione delle disposizioni di legge e in regime di concorrenza sleale, inquinante il regolare svolgimento dei mercati, a tutto danno di chi invece osserva correttamente le normative vigenti.

 

Torna dopo quattro anni la festa di Carnevale a Dinami

Dopo quattro anni di silenzio torna a Dinami la festa del Carnevale. L’appuntamento è per le ore 15 di domenica 7 febbraio in piazza San Rocco da dove si snoderà il corteo di maschere e ballerine. Un gruppo di appassionati ha messo in piedi un programma, sostenuto dall’Amministrazione comunale guidata da Maria Ventrice, che avrà il potere, secondo gli organizzatori, di richiamare la folla delle grandi occasioni. Protagonisti saranno sempre loro le maschere più bizzarre e virtuose che verranno indossate da giovani, bambini e adulti. “Abbiamo rivolto l’invito a partecipare a tutta la popolazione, impegnandoci in un appassionato  porta a porta – ha dichiarato Giovanni Chirico che ha sempre rivestito ruoli di primo piano nelle rappresentazioni artistiche e teatrali – e la disponibilità raccolta lascia intendere che il successo dello  spettacolo popolare è garantito. Ci siamo impegnati a coinvolgere tutta la popolazione per far sì che musica, balli ed allegria diventino il motivo predominante della grande sfilata che partendo da piazza San Rocco attraverserà tutte le vie principali del comune di Dinami fino ad arrivare alla scuola elementare. In questo entusiastico coinvolgimento non poteva mancare l’apporto del parroco don Rocco Suppa che ha offerto tutta la sua disponibilità per invitare soprattutto i giovani a partecipare compatti a questo grande momento di allegria e che riserverà, ovviamente, piacevoli sorprese. Devo ringraziare – ha concluso  Giovanni Chirico - anche chi ha impresso grande passione e arte per l’allestimento del programma ed alludo in maniera particolare a  Marianna Cichello, Giuseppe Cricrì, Gerardo Amelle, Adalgisa Bufalo e Daniela Petullà che stanno seguendo passo per passo l’evolversi del progetto organizzativo”.

Serra: La Pro loco vince l'ennesima sfida

SERRA SAN BRUNO - La Pro Loco di Serra San Bruno, insieme al gruppo scout Serra 1 e all'associazione culturale Il Brigante, vince anche la "scommessa carnevale". Una scommessa difficile, in quanto negli anni passati il carnevale nella cittadina della certosa si caratterizzava per la presenza di maschere anonime. Moltissima gente entusiasta, accogliendo l'invito dei ragazzi della Pro Loco, ha partecipato alla Prima edizione del Carnevale Serrese. Principesse e principi, pirati e pagliacci, il " comodino disordinato" e tante altre originalissime mascherine hanno colorato la domenica di carnevale che da tanto tempo ormai si colorava di un grigio spento e dato vita ad un corteo che ha attraversato le vie principali del paese. Preziosa la collaborazione del gruppo scout Serra 1 e dei ragazzi dell' associazione culturale “Il brigante”, che hanno animato a ritmo di tamburelli, con balli, canti e con la presenza dei giganti Mata e Grifone la grande sfilata per le vie del paese. Insomma, anche questa volta la Pro loco di Serra San Bruno, capitanata dal presidente Franco Giancotti, ha dato dimostrazione che con poche risorse ma tanta buona volontà, lavoro, impegno e sopratutto collaborazione si può dar vita a manifestazioni di successo. Purtroppo a causa della pioggia la premiazione delle maschere più originali é stata rinviata. Finalmente Serra San Bruno rivive, grazie soprattutto alla rinascita dell'entusiasmo dell'intera popolazione che oramai vuol scrollarsi di dosso l'immobilismo e il grigiore degli anni passati.


Quando c'era il carnevale

La festa del Carnevale ha avuto, fino alla seconda metà del Novecento in Calabria, importanza e centralità nelle comunità calabresi e nonostante ciò, lo studio e l’interesse rivolto ad esso è sempre stato marginale rispetto al lavoro dedicato ad altri aspetti della cultura subalterna delle classi popolari. La scomparsa del Carnevale “tradizionale” ne rende ancora più difficile la ricostruzione. Un patrimonio perduto fatto di riti, suoni, sapori e “spirito”. Il Carnevale abbracciava un lungo periodo che solitamente andava dal 17 gennaio, (festa di S. Antonio Abate) identificato nella festa come Sant’Antuoni di lu puorcu al martedì grasso. Marti di lazata (lazari in serrese vuol dire conservare) o marti di l’azata (l’alzata del gomito per salutare le feste carnevalesche e conservare le carni del maiale appena “sacrificato”). Pochi sanno che le domeniche di Carnevale, nelle Serre e nelle pre-Serre erano quattro: quella degli amici, quella dei compari, quella dei parenti (o dei denti) e quella di Carnevale. Grande protagonista della festa restava comunque il maiale. Attorno a lui, simbolo dell’abbondanza alimentare, riserva familiare di carni salate e grassi utilizzati poi nella cucina, quando ancora il colesterolo non si era insinuato nelle nostre vene, la festa veniva costruita. Il grande abate Padula da Acri in una sua raccolta di scritti sociali, ci lascia questo detto popolare :

Amaru chi lu puorcu non s’ammazza,

cà e vide e li desidera i sazizzi.

E ancora

Miegliu criscere ‘u piorcu ca ‘nu figliu

Puru l’ammazzi e ti n’unti lu mussu.

Ai più indigenti infatti, veniva consigliato “Di lardaruolu ‘mpignati ‘u figghjiuolu”, pur di non rimanere senza carne di maiale in questi giorni di festa.  Lardaluoru era il giovedì grasso, giorno in cui il carnevale vero e proprio aveva inizio, festa che si concludeva poi con lo “scoppio” della pancia di Carnilivari rimpilzatosi d’ogni ben di Dio. Una sorta di esorcismo alla fame, agli stenti che erano compagni di viaggio della stragrande maggioranza dei calabresi. La farsa, ( come i Maggi e le Buffonate) è il teatro povero di strada spesso improvvisato e sempre di tradizione orale delle quali le testimonianze scritte sono davvero esigue, era presente in tutte le comunità, essa costituisce un genere antico risalente alle commedie latine.  Imprescindibile per capire lo spirito del Carnevale è l’opera di, Michele De Marco, (Ciardullo) che nei suoi scritti dedica ampio spazio alla festa e allo sfortunato suino “protagonista forzato” della stessa. Amori ostacolati o testamenti scherzosi, figure come Pulcinella o lo studente calabrese (spesso caratterizzato negativamente), propri della commedia napoletana, tornano ricorrenti nelle farse calabresi. In tanti paesi le farse erano riti esercitati dall’intera comunità con modalità espressive di classi sociali diverse. La contrapposizione non era solamente di tipo locale e classista. La satira era diretta a tutte le categorie sociali, ma anche a forestieri, dei quali spesso si prendeva di mira ridicolizzandolo il dialetto diverso, agli abitanti di un paese vicino (esempio lampante in Serra le poesie di Mastro Bruno dedicate ad esempio ai brognaturesi) ma anche agli abitanti di un'altra zona del paese e, spesse volte, ironica nei confronti degli appartenenti al proprio gruppo sociale. Gli attori, che nelle piazze inscenavano anche più atti, con delle vere e proprie scenografie anche se scarnite e minimali, provenivano spesso dagli ambienti più poveri. Non vi erano comici di mestiere ma “stabili recitatori”. I recitatori, i suonatori, erano spesso contadini, braccianti artigiani che una volta appalesata la loro bravura nell’imitare e nel far ridere, erano chiamati in altre occasioni conviviali durante l’anno come matrimoni o battesimi. L’ondata di migrazione degli anni Cinquanta, segna la fine dell’antica festa. La cultura tradizionale subisce un’inarrestabile declino e una grave e profonda trasformazione. Il Carnevale già in quegli anni si disgrega, diventa simbolo dell’erosione radicale dell’antica ritualità contadina. Da qui, parte la trasformazione della festa fino a scivolare in quella che oggi rappresentiamo anche in Calabria alle nuove generazioni.  Un ruolo decisivo svolgono gli emigrati che ritornano e infatti, se da una parte rimangono custodi della tradizione, congelata nei loro ricordi al momento della partenza, dall’altra introducono nuovi usi e diventano inventori di nuove tradizioni. La festa contadina muore quando gli emigrati (e quelli che sono rimasti) realizzano gli antichi sogni alimentari, soddisfano una antica fame di carne e di pane bianco che li perseguita da secoli ottenendo quella quantità di cibo che un tempo eccitava i loro sogni, la loro fantasia, il loro spirito carnevalesco, che gli permetteva di ridere delle propria fame e dei propri bisogni e di sfidare la miseria. Carnilivari, festa dell’abbondanza e del cibo, che aveva valore propiziatorio e fondante, si avvia alla fine, come quando il martedì sera veniva bruciato il suo fantoccio fatto di paglia e di stracci.  

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Simbario, quando a carnevale si festeggiava la nascita del figlio

Ogni popolo ha le sue tradizioni, ogni paese i suoi costumi. Una regola ferrea, soprattutto, in una nazione, come l’Italia, dove, a tratti, la diversità sembra essere l’unico, vero, elemento unificante.

Una millenaria diversità che emerge, con prepotenza, nella rappresentazione delle festività, nel corso delle quali, attorno ad un elemento archetipico unificante, si sono sviluppati modelli celebrativi totalmente diversi.

A questa regola, generale, non fa eccezione, neppure, il carnevale che pur finendo, per tutti, alla mezzanotte del martedì grasso, inizia in giorni e tempi differenti a seconda delle diverse zone.

Una ricorrenza che per molti rimanda ai Saturnalia romani, anche se, in realtà, rappresenta la reinterpretazione cristiana di una festa di passaggio da un anno all’altro, che si ritrova in varie tradizioni, sia orientali, che occidentali.

Sull’origine del nome, poi, c’è una pluralità di ipotesi, alcune delle quali riconducono al latino medievale “carni levatem”, ovvero “sollievo per la carne”, nel senso di temporanea liberazione dagl’istinti più elementari.

Altre, invece, come segnala Alfredo Cattabiani, nel suo “Lunario”, la interpretano come “carnes levare, cioè togliere le carni, o da carni vale!, “carne addio”, perché una volta in questo periodo si esaurivano in orge gastronomiche le ultime scorte di carni prima della primavera”.

In ogni caso, filo conduttore del periodo carnascialesco, erano le follie, gli scherzi e le beffe. Così, attorno al carnevale, ogni comunità ha costruito la sua tradizione ed ogni paese lo celebra alla sua maniera, secondo un canovaccio che, in molti casi, rimanda a qualche, non sempre documentato, episodio storico. Prova ne è, ad esempio, il celebre carnevale d’Ivrea, con la sua tradizionale battaglia delle arance, nel corso della quale viene ricordata la medievale rivolta della popolazione contro i feudatari.

In altri casi, invece, la tradizione ha lasciato il passo ad un nichilistico progresso, che nel volgere di pochi anni, ha portato alla dispersione di un patrimonio che affondava le sue radici in secoli di storia.

Tra le tradizioni, più eccentriche e bizzarre, svanite del nulla, quella che si celebrava a Simbario, dove il carnevale era l’occasione per festeggiare la nascita del primo figlio.

Una “costumanza” riportata da Bruno Maria Tedeschi, in una delle relazione contenute nel “Regno delle Due Sicilie descritto ed illustrato – Distretto di Monteleone di Calabria”, pubblicato nel 1859, nella quale, il sacerdote serrese scrive: “Il genitore […] non può esimersi dalla obbligazione di far festa, che ordinariamente si riserba pei giorni di carnovale. Allora si riuniscono tutti gli amici, che non sono pochi, e assaltano schiamazzando, con le maniere più rozze del mondo, il nuovo padre di famiglia, il quale già preparatosi a quell’attacco, come vuole l’uso, deve abbandonarsi ad una fuga precipitosa, e quelli ad inseguirlo, menando furiosamente le calcagna”.

La folle corsa per le vie del paese aveva un suo scopo preciso, non a caso, finiva sempre allo stesso modo.

Una volta raggiunto, il novello padre “viene coperto di mantelli e di lenzuola in modo da rimanerne schiacciato; poscia posto a cavalcioni sopra pertiche incrociate in guisa di barella, viene trasportato in mezzo ad un baccano di risa”, manco a dirlo, “nella taverna, ov’è nell’obbligo di far gli onori a tutti quei compagnoni”. Iniziata la festa, com’è facilmente intuibile, i rumorosi ospiti “non mancano di alleggerire il commestibile, e dar fondo a un competente numero di barili di vino, alternando le libazioni con canzoni, brindisi e balli grotteschi, che appena la notte interrompe”.

Una festa caratterizzata, quindi, dalla spropositata assunzione di cibo e vino, da parte di uomini che, con il neo padre, festeggiavano il carnevale, ovvero, quel limes oltre il quale iniziavano i rigori della quaresima, con i suoi giorni di “magro”, senza carne e senza stravizi.

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