Questi gli ulteriori dettagli sull'arresto dei tre Vigili Urbani in Calabria

Nelle prime ore di oggi i Carabinieri hanno dato esecuzione materiale ad un'ordinanza di custodia cautelare emessa dal giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Reggio Calabria, su richiesta della Procura della Repubblica di Reggio Calabria nei confronti dell’ex comandante dei Vigili Urbani di Bagnara Calabra Raimondo Cacciola (di 60 anni) e due altri agenti, la coniuge Giuseppina Luppino (di 56 anni) e Pasquale Clemente (di 54 anni ), ritenuti responsabili, a vario titolo, dei reati di omissione di atti d’ufficio, abuso d’ufficio, favoreggiamento personale e reale e tentata estorsione. La vicenda ha preso le mosse nel dicembre 2014, quando una cittadina del Comune di Bagnara ha sporto denuncia presso il locale Comando Stazione dei Carabinieri. Avviate immediatamente le indagini, grazie ad una perquisizione effettuata presso il Comando di Polizia Municipale di Bagnara Calabra, all’esame di una copiosa documentazione ed alle testimonianze degli altri agenti di Polizia Municipale, è stato possibile fare luce, secondo i militari dell'Arma della Compagnia di Villa San Giovanni, sul sistema di illegalità diffusa imposto, all’interno del Comando di Polizia Municipale di Bagnara Calabra, da Raimondo Cacciola, fino a pochi giorni addietro Comandante facente funzione dell’Ufficio,  succeduto nell’incarico a Giuseppe Bellantone (anch’egli tratto in arresto il 15 febbraio 2013 in un diverso procedimento, accusato fatti commessi nell’esercizio delle proprie funzioni). E' stata, dunque, fatta chiarezza su una serie di vicende intercorse tra l’ottobre 2013 ed il dicembre 2015, nelle quali sarebbero emerse varie ipotesi delittuose (contro la pubblica amministrazione, l’amministrazione della giustizia, la fede pubblica, il patrimonio e la libertà personale): in innumerevoli circostanze, infatti, Cacciola avrebbe omesso, a parere degli inquirenti, di riferire alla competente Autorità Giudiziaria fatti costituenti reato in materia urbanistica e contro il patrimonio, favorendo i responsabili di tali condotte ad eludere le investigazioni dell’Autorità o ad assicurarsi i profitti del reato ed attestando, altresì, fatti falsi, con abuso delle proprie funzioni. Con la presunta complicità della coniuge Luppino, inoltre, Cacciola, è convinzione dei Carabinieri, aveva formato un registro di protocollo "manuale" inserendo numeri progressivi in bianco, attestando fatti falsi, precisamente la data e la successione nel tempo della ricezione o spedizione di atti da parte del Comando. Di particolare allarme sociale, a giudizio dei titolari dell'indagine, risultava, infine, l’ultimo episodio delittuoso in ordine di tempo contestato a Cacciola, il quale avrebbe tentato di farsi corrispondere, ricorrendo a larvate minacce e con la forza intimidatrice dell’uniforme, una parte della somma di denaro liquidata ad un soggetto rimasto coinvolto in un incidente stradale con la propria coniuge Luppino.  Proprio in merito a tale sinistro, la Luppino avrebbe presentato richiesta di risarcimento all’INPS dichiarando che lo stesso fosse avvenuto in itinere, cioè nel tragitto lavoro-abitazione. In realtà gli accertamenti delle Autorità avrebbero dimostrato che la Luppino, in quella circostanza era libera dal servizio poiché, arbitrariamente, avrebbe anticipato l’uscita dal posto di lavoro e che pertanto la versione del sinistro (supportata da presunte compiacenti dichiarazioni del coniuge Cacciola e del Clemente) sarebbe stata  finalizzata ad ottenere indebito risarcimento da parte dello Stato. A Cacciola è stata imposta l’applicazione della custodia cautelare in carcere, gli altri due indagati sono finiti ai domiciliari.

 

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