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I diritti negati

Storie di bambini costretti a diventare grandi in fretta, di genitori che devono battersi per cercare di garantire l’essenziale ai propri figli, di uno Stato patrigno che non aiuta i più deboli. Il caso della tredicenne non vedente di Vibo Valentia a cui non è ancora stata assegnata un’insegnante esperta in codice Braille è divenuto emblematico di cosa sia oggi la democrazia: un bene irrinunciabile, di cui però non tutti dispongono. Compito fondamentale di uno Stato è far partire tutti dalle stesse condizioni: invece chi è indietro rischia di rimanere penalizzato, anche quando è la giustizia a cristallizzare le azioni da seguire. Se non siamo in grado di fornire concretamente il dovuto materiale didattico ad una ragazzina, come possiamo solamente pensare di parlare (e realizzare) la giustizia sociale? Davvero possiamo dire di vivere in una società civile quando l’indifferenza saccheggia le coscienze? A prevalere, in ogni ambito, è oramai il calcolo matematico: ottenere il più possibile concedendo sempre meno. Concetto egoistico che talvolta sembra fatto proprio da quelle Istituzioni che, innanzitutto, dovrebbero fungere da guida. Se insegnare ad una tredicenne non vedente non è una priorità, allora i valori sono scomparsi. C’è sola la lucida follia di farsi ammaliare dal dio denaro. Senza scuola non c’è futuro. Ma forse, visto come vanno le cose, non c’è nemmeno presente.

 

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Studentessa vibonese non vedente senza testi in codice Braille: caso diventa nazionale

Ha ormai raggiunto la cronaca nazionale la situazione denunciata dal padre di una tredicenne non vedente che frequenta la scuola media di Vibo Valentia. La ragazzina non può usufruire dei testi scolastici in codice Braille, nè i suoi insegnanti conoscono l’unico sistema di lettura e scrittura da lei utilizzabile. Lo stesso genitore ha sfogato all’Agi tutto il suo malumore per circostanze che stanno diventando sempre più penalizzanti. “Mia figlia – ha dichiarato - ama la matematica, le lingue e la letteratura. Nonostante le difficoltà che deve affrontare ogni giorno per sopperire alla cecità il suo rendimento scolastico è eccellente, anche se non le sono mai stati fatti sconti. Ma questa situazione non può più andare avanti”. L’impegno, anche degli insegnanti e del preside, non basta: servono provvedimenti precisi, da subito. “Mia figlia – ha aggiunto il padre della tredicenne - ha bisogno dell’aiuto di un insegnante di sostegno che conosca il Braille. Ne ha pieno diritto e a sancirlo è la legge”. E, infatti, ci sono due sentenze del Tar che fissano l’obbligo per il ministero dell’Istruzione di assegnare alla studentessa un insegnante esperto in Braille. In più, la deputata pentastellata Dalila Nesci ha presentato un’interrogazione parlamentare per smuovere le acque, purtroppo ancora senza risultati. Ma il padre della discente non si arrende e continua a denunciare: “già all’inizio, Comune, Provincia e Regione si rimbalzavano le responsabilità per la traduzione in Braille dei libri di testo. Prima che il Tar obbligasse la Regione a trascrivere i libri, mia figlia è stata costretta a studiare il primo anno delle scuole medie senza il materiale didattico necessario”. La seconda parte della battaglia è quella concernente la necessità di far applicare la parte della sentenza del Tar in cui viene imposto al ministero dell’Istruzione di assegnare un insegnante di sostegno esperto in Braille. “L’anno scolastico è già iniziato – è l’attacco finale - e ancora mia figlia e i suoi insegnanti sono costretti a fare i salti mortali per rispettare il programma scolastico”.

 

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