Cuscunà, il "vulcano" della Lacina

L’altipiano della Lacina, con una forma grosso modo ellittica comprende ampi tratti degli agri comunali da Brognaturo a Stilo. Si trova al centro una fortezza, detta Castello della baronessa, oggi in pessimo stato e di abbandono. Poco a che vedere con Era Lacinia, ma, in comune, la stessa radice di “laccu” in dialetto, e anche antico italiano lacca: pianura irrigua. Credenza popolare diffusa vuole che la Lacina presenti alcune aree di sabbie mobili, dette in dialetto “uocchi e mara”, perché si crede le loro voragini giungano fino alla spiaggia dello Ionio, e si raccontano storie. Da un punto di vista geologico, potrebbero essere indizio di quei fenomeni che vengono definiti di vulcanismo, detto in generale. E qui interviene una tradizione di Cardinale, giunta a noi con questa parole pure dialettali: “Eh, si si rivijjia u Cuscunà”; una frase che, intesa alla lettera, farebbe pensare a una memoria storica recente di fenomeni eruttivi da parte di un piccolo vulcano silente, ma il cui “risveglio” potrebbe essere non del tutto improbabile. Anche del Monte La Rosa di Petrizzi si dice sia di natura vulcanica. Resta da dire di un’altra voce popolare, che “A Davuli ennu i diavuli”, spiegata da qualche anziano con l’essere stati visti, nella montagna di Davoli, dei fuochi divampare dal sottosuolo. Siamo seduti sulla bocca dell’Inferno? Speriamo di no! 

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