Serra, presentato il libro "Angela la Malandrina" di Maria Concetta Preta

Angela ha sedici anni e vuole a tutti costi scappare dalle ingiustizie di un padre padrone a cui si ribella. Per farlo sceglie una strada oscura, tortuosa e sconosciuta che la porta ad abbracciare il brigantaggio. Sarà la via del riscatto e del ripensamento ma l’unica strada verso il raggiungimento di una sognata giustizia sociale. E’ l’eroina del libro “Angela la Malandrina. Storia di brigantaggio e libertà” di Maria Concetta Preta che è stato presentato nel corso del una manifestazione organizzata dalla rivista “Santa Maria del Bosco” a Serra San Bruno. A fare gli onori di casa, Angela Bruna Tassone, della redazione giovani della rivista per poi passare la parola al direttore, Domenico Calvetta, che ha introdotto libro ed autrice a cui ha fatto seguito un dibattito sul brigantaggio. Ma cos’era il brigantaggio? A questo interrogativo, partendo dal libro, hanno cercato di rispondere gli ospiti e non sono mancate opinioni piuttosto contrastanti. C’è chi, come  il giornalista Maurizio Onda, partendo dall’episodio serrese del marzo 1811 lo vede causa «della seconda persecuzione dei cristiani» e non solo. Secondo il cronista che non ha mancato di stigmatizzarlo vi sarebbe anche chi vorrebbe «rivalutarlo per non dare una impressione negativa della storia calabrese classificandolo come una sommossa popolare. La realtà – ha detto Onda – è che questo fenomeno doveva essere a favore del popolo mentre poi si è dimostrato a favore di nessuno». Di tutt’altro avviso lo storico, Salvatore Luciani, per il quale «il brigantaggio è un fenomeno complesso difficile da inquadrare, ma una cosa è certa, nasce dalla diseguaglianza e dai soprusi che il popolo meridionale ha dovuto subire. La nostra povera gente – ha sottolineato – non comprendeva il messaggio dei briganti che lo facevano con uno spirito di domanda e non di risposta. Il brigantaggio post-unitario, poi, non è stato sconfitto dalla repressione ma dalla fame. L’emigrazione è la diretta conseguenza della sua fine». Non sono mancati intermezzi musicali con la chitarra classica di Niccolò Zaffino e le letture di Francesca Mannella. Il libro è ambientato durante il brigantaggio post-unitario ma per chi combattevano i briganti: per i Borbone? Le cose, contrariamente a quanto vorrebbe far credere qualcuno, non stanno esattamente cosi. I briganti non avevano padroni e combattevano per il popolo, non a caso una celebre canzone di Edoardo Bennato, nella sua versione originale dice: «Non ce ne fotte du Re Borbone, la terra è a nostra e non s’ha da toccà». Combattevano per se stessi, per le generazioni future e contro l’emarginazione voluta dai Borboni prima e dai piemontesi dopo. E l’attività cospirativa anti-borbone Serra San Bruno la conosceva bene. Non a caso il poeta scalpellino Mastro Bruno Pelaggi nella sua lirica “Quand'era giovinottu” parla di Cientumasi, uno dei briganti ribelli che andava di casa in casa, nottetempo, per cospirare ai danni dei Borbone. Nel libro c’è anche la scrittrice, Maria Concetta Preta, invisibile ma onnipresente. Episodio dopo episodio vi sono le sue gesta, il suo carattere, i suoi sogni, gli slanci e le utopie. E se qualcuno gli chiede qual è stata la sua avventura più bella non ha dubbi: «Quella di essere diventata mamma».

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