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Quei valori persi dalla politica e dalla società

La fattispecie per cui  un consigliere regionale possa aver consumato un pasto, brindando con champagne, a Montecarlo chiedendo e ottenendo poi il rimborso è una di quelle tante gocce che hanno fatto traboccare il vaso della fiducia dei cittadini nella classe politica che li rappresenta. C’è ormai una cesura netta fra elettori ed eletti che impedisce il sereno dialogo e, dunque, l’esposizione dei problemi che devono essere risolti. Si è creato un circuito perverso: rappresentati e rappresentanti non si confrontano e, in tal modo, i secondi si distaccano ancor di più  dalla realtà dei primi non comprendendone le esigenze e lo stato d’animo. La situazione, in sostanza, peggiora perchè parliamo di due mondi differenti: quello di chi è abituato a stentare e quello di chi è abituato al vestito di lusso o alla cena al ristorante e, di conseguenza, non sa il prezzo di mezzo chilo di pasta o di un litro di latte. Come può allora conoscere le sofferenze di quelle persone di cui ci si ricorda solo al momento di chiedere la preferenza? Si dice che la politica sia sempre stata così, travolta da quelle “consuetudini” in cui è rimasta impigliata. In realtà, una più attenta riflessione può farci scorgere aspetti che la foga rischia di offuscare. I famosi autori del debito pubblico che oggi ci ritroviamo a dover pagare hanno fatto un danno alla nostra generazione, hanno sprecato, hanno mal gestito. Ma almeno hanno investito. Soprattutto hanno creduto davvero in qualche ideale, anche se  a volte  lo hanno piegato ai bisogni delle proprie carriere. Coscienti che “ordine” e “gerarchia” sono stati motivi di ispirazione di chi sta a destra e “uguaglianza” e “redistribuzione” di chi sta a sinistra. Oggi non c’è nemmeno la simbologia a cui era legato chi amava quel determinato partito e i valori che esso incarnava, c’è solo l’interesse del proprio portafogli e poco cambia se per riempirlo occorre mettere la casacca rossa o quella azzurra. O prima l’una e poi l’altra, e poi di nuovo viceversa. Tanto quei colori sono sbiaditi fino a diventare simili. Non c’è De Gasperi, non c’è Almirante, non c’è Berlinguer. Il dibattito non verte su opposte rappresentazioni del vivere civile, si arrovella piuttosto su quali servizi togliere ai cittadini o su come risolvere la problematica che limita l’azione politica di questo o di quel soggetto. Leggi ad personam o provvedimenti per eliminare leggi contra personam prima volute e ora ripudiate perché producono imbarazzi alla propria coalizione. Ma se il livello politico è questo i motivi vanno ricercati nel decadimento morale di una società sempre più materiale, concentrata su beni voluttuari ed avvelenata dall’egoismo e dall’individualità esasperata. Perdono rilevanza i  rapporti umani, il comune sentire collettivo e il senso di appartenenza: la comunità non è più tale, ma è la somma di singoli, sempre più soli e incapaci di andare oltre la valutazione di effimere convenienze. Da questo contesto non può che nascere una classe dirigente autoreferenziale, talvolta spregiudicata e decisa a conquistare piaceri, denaro e potere. Certamente da condannare, ma solo dopo essersi guardati bene allo specchio e non aver scorto false giornate agricole, fatture non rilasciate o incentivi e premi incassati senza averne diritto. Il punto  è che la politica è malata perchè la società è malata. Serve un’opera di purificazione. Per tutti e non solo per gli altri.

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