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Fondi stanziati per Reggio, Caridi (FI) chiarisce: "Il Governo ha solo restituito il maltolto"

"I provvedimenti del Consiglio dei Ministri di ieri confermano, purtroppo, la nostra impressione sulla miopia piuttosto grave che - secondo il senatore Antonio Caridi, Forza Italia, vice coordinatore regionale di Forza Italia - ha colpito il Presidente del Consiglio, i ministri e tutta la maggioranza di governo. Già nell'analizzare la Legge di Stabilità 2016 abbiamo avuto modo di criticare alcuni interventi e proporre opportuni emendamenti per concentrare la spesa sui territori più in difficoltà della Calabria. Nella manovra sono stati previsti aiuti a Taranto (800 milioni per l'Ilva), per piste ciclabili, per biblioteche ed archivi, per la Terra dei Fuochi in Campania, ma nulla di specifico per la Calabria, per le sue emergenze, per i suoi territori. Anche il recente CDM conferma che il Governo Renzi non ha a cuore le sorti dei calabresi, troppo marginali e problematici per le sue ambizioni elettorali. Montagne di soldi pubblici per Napoli (50 milioni per il pozzo senza fondo di Bagnoli), per Milano (150 milioni, oltre ai miliardi già erogati, per il dopo Expo), per Roma (200 milioni per il Giubileo), con l'evidente intento di influenzare l'opinione pubblica e di crearsi cartelli elettorali in vista delle elezioni comunali dell'anno prossimo". Il Governo, continua a destinare milioni di euro alla Terra dei Fuochi investendo altri 150 milioni tra Napoli e Caserta, dopo i 150 milioni già stanziati nella Legge di Stabilità, senza contare - ricorda l'esponente 'azzurro' -i 140 milioni del POR Campania 2007-2013 (di cui effettivamente spesi solo 8 milioni) ed altre risorse già previste nel nuovo POR Campania 2014-2020, per un totale che sfiora i 500 mln. A questo punto è evidente che per il Governo la vita dei cittadini di Crotone, che ogni giorno si ammalano a causa della mancata bonifica di alcuni siti altamente inquinati, valga di meno di quella dei connazionali campani. Cosa si è fatto, quindi, per la Calabria ed il resto del Sud? 50 milioni di euro per tutte le emergenze ambientali e 10 milioni di euro per Reggio Calabria restituendo il maltolto con il solito gioco di prestigio del governo, con una mano toglie i fondi sul Decreto Reggio e con l'altra li restituisce. Ancora niente per Gioia Tauro ed il suo retroporto, per il turismo, per le emergenze sociali ed ambientali calabresi e per le fatiscenti infrastrutture ferroviarie". In definitiva, alla luce di quanto emerge dall'ultimo decreto, non ci sanno #Happydays in Calabria, ma ancora giorni duri in cui non smetteremo - garantisce il senatore Caridi - di lottare per risollevare la nostra Terra". 

Forza Italia fa il vuoto nel centrodestra: entrano Caridi, Cannizzaro e consiglieri di Reggio

"Prosegue l'attività di riorganizzazione di Forza Italia in Calabria, dopo i coordinamenti provinciali viene completato anche il quadro dei vicecoordinatori regionali". Lo rende noto un comunicato in cui si legge che: "Accanto a Roberto Occhiuto, Wanda Ferro e Nino Foti, il coordinatore regionale di Forza Italia Jole Santelli, in accordo con il presidente Silvio Berlusconi, ha nominato come vicecoordinatore regionale il senatore Antonio Caridi. "Sono lieta dell'ingresso in Forza Italia di Antonio Caridi e della sua volontà e disponibilità di partecipare al percorso già avviato per il rilancio del partito in Calabria. Ritengo molto importante - dichiara Santelli - l'ingresso di Caridi in Forza Italia in quanto porta con sè l'ottimo bagaglio di esperienza e il consenso che lo ha sempre contraddistinto". Entrano in Forza Italia, insieme a Caridi, il consigliere regionale Francesco Cannizzaro, capogruppo della Casa delle libertà, anch'egli ben radicato sul territorio e aggregatore delle forze giovanili e i consiglieri comunali di Reggio Calabria Antonino Maiolino, Giuseppe D'Ascoli e Luigi Dattola e nei prossimi giorni è annunciato l'ingresso di numerosi sindaci e amministratori della provincia. "Mi fa particolarmente piacere - aggiunge Santelli - l'ingresso di Francesco Cannizzaro con cui abbiamo sempre avuto ottima collaborazione ed il cui attivismo darà sicuramente un grande contributo alla causa del partito." "Insieme ad Antonio Caridi e di concerto con gli altri esponenti di FI - conclude il coordinatore regionale azzurro - nei prossimi giorni inizieremo il percorso di riorganizzazione del partito nell'intera provincia di Reggio Calabria all'insegna di quanto stiamo facendo anche nel resto della Regione". 

 

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Tensione in Forza Italia: le ambizioni di Caridi sbattono contro il muro reggino

Come un elefante in un negozio di cristalli: è questa l'immagine che si accompagna alla volontà, manifestata da Antonio Caridi, di fare ingresso in Forza Italia. Il senatore, attualmente iscritto al Gruppo di Palazzo Madama denominato Grandi Autonomie Locali, è ormai da tempo ansioso di ritornare alla corte di Silvio Berlusconi. Una tappa ulteriore nel suo giro delle "sette chiese" della politica italiana. Il recinto nel quale si è mosso fin dagli albori della sua carriera, per amore di verità, è stato sempre quello del centrodestra. In questo caso non ci troviamo davanti ad un voltagabbana professionista saltellante fra i due schieramenti. Non è, come si dice, uno dei tanti che si premurano di soccorrere i vincitori, ma rimane inossidabile il dato che, iniziato alle competizioni elettorali dall'UDC, si è successivamente accomodato sulle solide e spaziose poltrone del PdL per poi fuggirne, affascinato come tanti big calabresi, dal sogno alfaniano di dar vita ad un Nuovo Centrodestra. Un'idea ben presto tramutatasi in miraggio dal quale Caridi è fuggito rapidamente preferendo ritagliarsi uno spazio autonomo nel limbo di GAL. Un vestito che, però, ad uno schiacciasassi del voto, ad una ruspa del consenso come lui, va stretto, troppo stretto. Quale migliore occasione, allora, del caos sovrano che regna da tempo in Forza Italia, a Roma ed in Calabria, per andare alla conquista di una dimensione più consona alle proprie ambizioni? Perché, prima o dopo, che sia nel 2017 o alla scadenza naturale della legislatura, dovranno pur essere richiamati alle urne gli italiani per rinnovare la Camera dei Deputati. E, vista la nascita del Senato non elettivo, il perimetro in cui sgomitare per rimanere a galla si fa sempre più affollato e guadagnare per tempo posizioni vantaggiose è necessario, al pari della tessitura di rapporti sul territorio di appartenenza e, se del caso, frantumare gli equilibri esistenti. E' a questo punto del piano che gli obiettivi "romani" si intrecciano con le dinamiche locali, regionali e, nello specifico, reggine. Le difficoltà a tenere in mano il timone da parte di Jole Santelli, Coordinatore calabrese di Forza Italia, non sono un segreto: mal di pancia che si allargano dal Pollino allo Stretto, messi in silenzio soltanto al prezzo di soddisfare gli appetiti dei colonnelli sparsi per le varie province. Scelte che, inevitabilmente, finiscono, però, per privilegiare qualcuno facendo imbufalire altri. Una guerra di nervi, senza esclusione di colpi: il bottino è la primazia nel proprio giardino, auspicato trampolino di lancio da costruire con pazienza per essere catapultati nel ventre molle della Capitale. A Catanzaro, Cosenza e Vibo, Santelli ha provato a metterci una pezza, ma non ha nessuna certezza che il suo tentativo di salvare il salvabile sia andato a buon fine. Ancor più intricata la matassa a Reggio Calabria, naturale terreno di caccia per Caridi e, proprio per questo motivo, più sensibile a consistenti smottamenti in caso di reale concretizzazione del suo transito in casa "azzurra". Nella città dello Stretto, le redini sono nelle mani di Alessandro Nicolò, non uno qualunque, ma il capogruppo del partito in Consiglio regionale. In queste settimane Caridi nasconde le sue reali intenzioni sparando alto con la pretesa di farsi affidare il ruolo ricoperto dalla Santelli, ma puntando con decisione al suo reale obiettivo: il coordinamento provinciale reggino. Non c'è bisogno di raffinate analisi politologiche per capire che spalancare le porte ad un inquilino ingombrante come Caridi creerebbe pericolose scosse telluriche, non solo sull'assetto interno, ma, per esempio, anche sulla fisionomia del Gruppo consiliare di Palazzo San Giorgio. Ed è proprio sull'Aula del Municipio che si sono concentrati gli appetiti del senatore, impegnato in queste settimane a far mancare il terreno sotto i piedi a Nicolò. Quattro sono gli eletti di Forza Italia e due di loro vantano un solido legame con il consigliere regionale: Demetrio Marino, il capogruppo, ed Antonio Pizzimenti.  Diverse le posizioni di Mary Caracciolo e, soprattutto, di Massimo Ripepi. La prima, secondo quanto si mormora, sarebbe finita recentemente sotto l'ala protettiva di Caridi, defilandosi dalla schiera dei "nicoliani". Ancor più marcato e netto, come noto, il dissenso, manifestato anche platealmente, da Ripepi che non ha avuto remore nello sfiduciare pubblicamente il capogruppo Marino. Una mossa funzionale a spianare la strada a Caridi, togliendo di mezzo l'ostacolo rappresentato da Marino, ma che rischia di essere una velleitaria prova di forza. In realtà l'operazione, che ambirebbe a scalzare Nicolò dal ruolo di leader reggino di Forza Italia, si compone di passaggi più complessi e che, pure essi, difettano di qualcosa che in politica pesa parecchio: i numeri. Il disegno, di cui si parla nei corridoi di Palazzo San Giorgio, prevede il trasferimento dei tre consiglieri di Reggio Futura (creatura che fa capo all'ex presidente della Regione, Giuseppe Scopelliti), e, probabilmente, anche di Luigi Dattola (Ncd), ai banchi riservati a Forza Italia. Uno scenario che, nella mente di chi lo ha concepito a tavolino, è monco, come sottolineato in precedenza, di un duro confronto con la realtà dei fatti: perché l'adesione ad un Gruppo sia ratificata occorre, infatti, l'accettazione da parte della maggioranza dei componenti. Ed anche considerando l'accordo espresso da Caracciolo e Ripepi, resterebbe da superare il muro eretto da Marino e Pizzimenti per impedire l'invasione dello "straniero". Una situazione di perfetta parità che sarebbe superata, come da regolamento, dalla decisione del capogruppo, pronto ad alzare il ponte levatoio del castello sotto assedio. Il guanto di sfida lanciato finirebbe, pertanto, nel mare delle intenzioni fantasiose, nel ricco oceano dei "vorrei ma non posso" in cui l'unico a non avere la ciambella di salvataggio sarebbe Ripepi che, non avendo neanche sottoscritto la tessera di Forza Italia, finirebbe per essere estromesso dal gruppo. Una matassa ingarbugliata che soltanto l'intelligenza e la lucidità di tutti i protagonisti in campo potranno dipanare nelle prossime settimane, verosimilmente destinate ad arricchire con ulteriori capitoli un romanzo ancora tutto da scrivere.

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C'era una volta il Nuovo Centrodestra

Sono passati poco meno di due anni da quando, era il 15 novembre del 2013, veniva alla luce il Nuovo Centrodestra. Un arco di tempo così breve è stato, tuttavia, sufficiente, per metabolizzarne la sua intera parabola:  una virgola nella storia della politica italiana. Anche in Calabria, l'intero stuolo di "colonnelli" all'epoca in servizio permanente effettivo presso quella che appariva come l'"Armata invincibile" di Giuseppe Scopelliti seguì senza indugi il suo Generale, unico fra i big sparsi sul territorio ad abbracciare il progetto coltivato da Angelino Alfano di un centrodestra deberlusconizzato. Un partito che fosse capace di attrarre il naturale bacino elettorale dei moderati sottraendosi al ventennale dominio esercitato dall'ex Cavaliere. Per rendere possibile il progetto, secondo il leader Ncd, era necessario, rimanere ancorati al Governo di Matteo Renzi ed abbandonare al suo destino la barca che, tornata ad issare l'antico vessillo di Forza Italia, veleggiava ammaccata verso i lidi dell'opposizione all'Esecutivo. Poco importa, in questa sede, quali siano stati i motivi reali dell'implosione del PdL e, di conseguenza, delle ragioni che portarono alcuni ad intrupparsi con Alfano, altri a rimanere fedeli all'enclave "azzurra". Quel che conta è l'epilogo, tragicomico, di un'avventura dimenticabile, a Roma come in Calabria. La nostra regione, anzi, può ben assurgere al ruolo di rappresentazione plastica di ciò che è stato, o meglio, non è stato il Nuovo Centrodestra. Tralasciando le vicissitudini legate alla persona fisica Scopelliti, che, però, hanno determinato nelle lande a noi vicine un effetto a cascata tale da svuotare, di voti e di prospettive, il partito, è quel che sta succedendo in queste settimane, in questi giorni, in queste ore, a rendere bene l'idea di una morte annunciata. Un fuggi fuggi che non sta risparmiando nessuno, ma i rappresentanti calabresi, tradizionalmente lesti a cogliere la direzione delle correnti quando a scricchiolare sono i propri interessi particolaristici, si sono saputi muovere per tempo, provando ad occupare la pole position prima del via ufficiale al poco romantico "valzer dei voltagabbana". Della pattuglia di senatori inseriti nella lista PdL e spediti dalla Calabria a Roma per mezzo dell'immondo "Porcellum", quelli che hanno imboccato la strada del Nuovo Centrodestra o sono rimasti impigliati in storie e storiacce di natura giudiziarie: vedi Pietro Aiello. O si sono dovuto dimettere a furor di popolo per scandali scoppiati nella terra d'origine: è il caso di Antonio Gentile. Altri, come Giovanni Bilardi, eletto nella paccottiglia denominata "Grande Sud", ma andato ad infoltire il drappello alfaniano a Palazzo Madama, hanno le loro gatte da pelare a causa di richieste d'arresto pendenti per la tristemente celebre "Rimborsopoli", retaggio dell'esperienza vissuta sugli scranni di Palazzo Campanella. Un quarto esponente, Antonio Caridi, già nel dicembre dello scorso anno ha preso cappello e salutato la compagnia: è dato per imminente il suo trasferimento nelle fila di Forza Italia, dopo aver abitato in questo lasso di tempo il non meglio identificato mondo denominato "Grandi Autonomie e Libertà". Un paio di suoi colleghi che vantano le medesime origini calabresi sono, invece, in fibrillazione perché corteggiati con insistenza da Denis Verdini, regista e costruttore della stampella del Governo Renzi a cui ha dato il nome, assai poco affascinante, di Alleanza Liberalpopolare-Autonomie, trasformatosi in una naturale calamita per gli assidui frequentatori del sottobosco del potere politico, con annessi e connessi. Ma, sebbene il quadretto che emerge è molto poco edificante, è a Montecitorio che si rischia l'indigestione di emozioni assistendo alle appassionanti giravolte delle due campionesse di "salto della quaglia". Entrambe catapultate nell'aula della Camera dei Deputati agitando la bandiera del PdL, sono sul punto di staccare il tagliando di campionesse nel popolarissimo, fra gli inquilini dei Palazzi, salto della quaglia: trattasi delle due "damigelle" Dorina Bianchi e Rosanna Scopelliti. Quest'ultima, espressamente e fortemente voluta dall'ex presidente della Regione come fiore all'occhiello da esibire con orgoglio, si è talmente affrancata dalle sue origini che a breve si sistemerà davanti al confortevole focolare del Partito Democratico. Ai vertiginosi giri di giostra della Bianchi, invece, sia detto in tutta sincerità, non possiamo fare altro che inchinarci commossi: nessuna meglio di lei conosce a menadito l'intero arco costituzionale. Dal 2001 ad oggi ha già frantumato ogni record: eletta con il Ccd è confluita nell'Udc. Folgorata sulla via di Damasco, a legislatura corrente, indossa l'abito della festa e aderisce alla Margherita: dal centrodestra al centrosinistra, previo bagno purificatore nel salvifico Gruppo Misto. Rieletta nel 2006, l'anno successivo aderisce, insieme a quello che era il partito del momento, al PD. Nel 2008, altra competizione elettorale vincente, questa volta per il Senato. Neanche a dirlo, in corso d'opera, questioni di coscienza la "obbligano" nel 2009 a scappare dal PD per rimettersi sotto l'ombrello dell'Udc. Passano due anni ed il centrodestra la candida a sindaco della sua città, Crotone: un'esperienza poco felice, visto l'esito fallimentare, ma lei non molla di un centimetro e contestualmente si mette in tasca la tessera del PdL da cui il passo a Ncd si è rivelato, per una volta, semplice da compiere. Adesso, questione di poco, e complice l'amichevole frequentazione col ministro Maria Elena Boschi e l'evaporazione della creatura alfaniana, scenderà alla prossima fermata: voci insistenti riferiscono, infatti, che stia nuovamente scorgendo all'orizzonte il tram guidato da Renzi, quello che la potrebbe portarla dritta dritta al capolinea (almeno fino al prossimo viaggio) del ministero degli Affari regionali. Al cospetto di cotanta passione ideale non resta altro che arrendersi: chapeau.

 

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Caridi (Gal): "Nel PD guerra fratricida sulla pelle dei reggini"

“Alla luce del decreto Enti Locali, approvato da questo Governo senza tener conto delle criticità di Reggio Calabria, chiedo al sindaco Falcomatà di far sentire la propria voce una volta per tutte a Renzi e Delrio, invitandoli a mantenere le promesse pronunciate nei confronti del nostro territorio”. E' quanto afferma in una nota il senatore Antonio Caridi, iscritto a Palazzo Madama al Gruppo Grandi Autonomie Locali. “Siamo stanchi di sentire che questo Esecutivo è amico della città – sostiene il senatore – perché sta emergendo esclusivamente che Reggio è il ring di un combattimento senza esclusione di colpi all’interno del Pd. Nel decreto enti locali ci aspettavamo misure capaci di dare ossigeno alle centinaia di lavoratori delle ex società miste, oltre a quei provvedimenti in grado di creare le condizioni per alleggerire la pressione tributaria e rinegoziare i mutui. Di tutto ciò, nulla". "Purtroppo – ricorda Caridi – non è la prima volta che il governo Renzi tradisce le nostre aspettative, così come sono nuovamente costretto a denunciarne le mancanze. Adesso, però, la questione è diventata tutta politica e chiedo con forza ai miei colleghi parlamentari ed a tutti i soggetti che ricoprono cariche elettive di aprire un confronto e una riflessione su quanto sta accadendo. L’Esecutivo targato Renzi e Delrio ignora le criticità del Comune di Reggio nonostante i “buoni rapporti” con il sindaco, mentre per fare la guerra ad Oliverio invia un commissario della sanità che vuole imporre scelte funzionali solo alle esigenze dei padroni (vedi cardiochirurgia), senza contare quanto si sta pianificando per togliere autonomia alla Calabria nella gestione del porto di Gioia Tauro. Sono solo alcuni esempi perché l’elenco sarebbe molto più lungo. Allora mi chiedo: per quanto tempo si farà finta di niente? Per quanto tempo la guerra fratricida nel Partito Democratico si può giocare sulla pelle dei reggini? Falcomatà, che conosce bene la situazione, vuole essere il sindaco dei reggini oppure ha le mani legate a causa delle beghe di partito? E i parlamentari dove sono? Qui si sta scherzando col fuoco, perché ci sono bombe sociali pronte ad esplodere, mentre il governo va avanti nel suo percorso diretto a mettere i bastoni tra le ruote al nostro territorio". Perciò –  termina il comunicato di Caridi – chiedo a Falcomatà, sindaco della futura città metropolitana di Reggio Calabria, di prendere una posizione netta e precisa su tutte le questioni aperte e pretendere risposte concrete e immediate da Renzi e compagni. Auspico una maggiore attenzione da parte dei miei colleghi di tutti i partiti, perché continuerò a portare avanti le mie battaglie per il territorio ma mi auguro di trovare una maggiore collaborazione su quei temi che sono di fondamentale importanza per la nostra città” .

Caridi (Gal) sollecita Oliverio: "Quando sarà completata la Giunta regionale?"

"Da questa tornata elettorale emerge certamente che l'ondata di entusiasmo del centrosinistra delle regionali si è già placata". Pensiero e parole di Antonio Caridi, senatore di Grandi Autonomie Locali. "E' abbastanza chiaro – afferma Caridi – che c'è un quadro particolarmente frammentario, per cui da un lato c'è da registrare la debolezza di un centrosinistra dilaniato dalle lotte interne, dall'altro si nota la disgregazione di un centrodestra ancora senza identità e traghettatore. Come è spesso accaduto, ha vinto solo il partito dell'astensionismo, fattore preoccupante per una politica che ha perso di vista le sue peculiarità da troppo tempo. I Comuni hanno bisogno del coinvolgimento popolare e, in tal senso, registro tante importanti affermazioni che daranno certamente un grande contributo alla crescita del territorio. Voglio congratularmi, in particolare, con Antonio Messina, perché ero certo che avrebbe ricevuto tanti consensi e sarebbe stato eletto sindaco di Villa San Giovanni, ma una vittoria del genere rappresenta una grande iniezione di fiducia e responsabilità, verso un uomo che certamente saprà interpretare al meglio il proprio ruolo. Infine, il PD dovrebbe interrogarsi su un aspetto: invece di continuare a fare i congressi di partito sulle pagine dei giornali, si discuta nuovamente delle soluzioni ai problemi quotidiani dei calabresi". A tal proposito – termina il senatore Caridi – quali sono i tempi per il completamento della Giunta regionale?"

Caso Rosarno, Caridi: "Tripodi ha pagato le lotte interne al Pd"

"Sono dispiaciuto per l’epilogo della consiliatura guidata da Elisabetta Tripodi, persona che stimo, ma anche su questa vicenda il Pd calabrese, attraverso Magorno, ha dimostrato di avere una doppia morale”. E' polemico il giudizio che dà del "caso Rosarno" Antonio Caridi, senatore di Grandi Autonomie Locali. La vicenda, come noto, è stata originata dalle dimissioni di undici consiglieri comunali di Rosarno che hanno così messo fine alla sindacatura di Elisabetta Tripodi. “Sono a lei umanamente vicino - spiega Caridi. "L'ho conosciuta da assessore regionale e ritengo sia una persona valida ma, anche in questo caso i democrat stanno cercando di confondere le acque e far credere all’opinione pubblica che ci siano motivazioni non politiche alla base delle dimissioni dei consiglieri". "Io, invece, ritengo sia corretto e doveroso far sapere alla popolazione che quanto accaduto - rimarca il senatore - sia addebitabile solo ed esclusivamente a lotte interne al PD, quelle guerre intestine tra gli esponenti calabresi che stanno danneggiando tutta la Calabria. Così come fa sorridere che il segretario Magorno, sulla lista degli ‘impresentabili’ parli di utilizzo a fini politici della Commissione antimafia da parte di Rosi Bindi. Noi abbiamo lanciato più volte l’allarme su questo rischio e i nostri appelli ad un maggiore senso istituzionale sono stati sempre rispediti al mittente; oggi, invece, che è il PD non solo calabrese, ma di tutto il Mezzogiorno ad essere penalizzato, loro stessi parlano di “regolamenti di conti politici”! La stessa doppia morale, insomma, utilizzata per il caos del Consiglio comunale di Rosarno". "Sarebbe il caso - termina la nota del senatore Caridi - di evitare prese di posizione ridicole perché le guerre interne al Partito Democratico stanno puntualmente ricadendo sulla pelle dei cittadini”. 

Porto di Gioia Tauro, Caridi (Gal): "Dal Governo danni impressionanti "

“Sul porto di Gioia Tauro questo governo rimarrà alla storia come l’Esecutivo che ha creato più mortificazioni alla Calabria dal dopoguerra ad oggi”. E'l'incipit di un comunicato dai toni forti diffuso da Antonio Caridi, senatore di Grandi Autonimie Locali (GAL). “A quanto pare – sostiene Caridi – il ministro Delrio, che ha anche visitato l’infrastruttura lodandone le potenzialità, vuole procedere all’accorpamento dell’autorità portuale con quella di Messina per creare un’unica cabina di regia per lo Stretto. E’ abbastanza chiaro, in primis, l’atteggiamento di questo governo dal “commissariamento facile” soprattutto quando si tratta di Calabria, ma i danni che sta arrecando al porto di Gioia Tauro sono impressionanti. Se questa bozza di piano strategico venisse confermata, l’infrastruttura della Piana perderebbe grande autonomia e il rischio maggiore sarebbe quello di rimetterci soprattutto in termini di crescita economica e di posti di lavoro. Tutto ciò dopo l’ennesimo commissariamento effettuato da Renzi e compagni, che ha scelto come presidente dell’Autorità portuale un soggetto a lui gradito e del tutto estraneo al nostro territorio, con il benestare dei democrat calabresi. Senza dimenticare – continua il senatore – che da anni porto avanti, in solitudine rispetto ai colleghi calabresi, la battaglia per la ZES, provvedimento vitale per il porto e per l’economia calabresi, premendo per velocizzare un iter che, di fatto, il Pd sta ostacolando, dopo un periodo di totale indifferenza. Voglio ricordare che l’Amministrazione regionale di cui facevo parte, per l’infrastruttura di Gioia ha sottoscritto un APQ da 470 milioni al fine di costruire un polo logistico intermodale che, passo dopo passo, con mille difficoltà inizia finalmente a prendere vita, perché c’era davvero la volontà di valorizzare tutta l’area. Oggi, invece, assistiamo ad una desolante spoliazione di finanziamenti, potenzialità e autonomia. Mi rivolgo con forza, quindi, ai miei colleghi calabresi, al governatore Oliverio e anche al sindaco Falcomatà, che diventerà primo cittadino dell’area metropolitana (altra battaglia su cui sono stato lasciato solo), affinché facciano sentire la propria voce agli interlocutori romani. Voglio ribadire che gli amministratori locali sono disponibili ad una mobilitazione e che sono molto determinato ad andare avanti. Mi auguro che anche loro – termina la nota di Caridi – appoggino la mia posizione e si mettano in gioco, anche per dare un senso ai loro prestigiosi e importanti incarichi, senza limitarsi a parole inutili puntualmente smentite nei fatti dai loro compagni di governo”.

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