Renzi ad un gruppo di reggini: "Avete un grande sindaco come il papà"

Matteo Renzi, uscendo dal padiglione allestito dal Regno Unito per Expo 2015, ha incrociato alcuni ospiti ai quali ha chiesto quale fosse la città da cui provenivano. I fortuiti interlocutori, che facevano parte del folto gruppo di persone in attesa del premier davanti alla struttura, gli hanno risposto "Reggio Calabria". Renzi, a quel punto, si è intrattenuto brevemente con loro dicendo: "Avete un grande sindaco come il papà". Un chiaro riferimento a Giuseppe Falcomatà, Primo Cittadino di Reggio dal 26 ottobre dello scorso anno. Il padre, Italo, fu amato sindaco della città dal 1993 al 2001. 

Riforma della scuola, come finirà

Che volete, ho buona memoria, e nelle aule ci sono stato dal 1975 al 2011, e anche oggi faccio il preside del Liceo Coreutico; e leggo i giornali… Quante me ne ricordo, di riforme, e tutte la stessa commedia, come da copione:

-          scena Prima: il governo di turno o un suo ministro annunziano una riforma epocale con sfracelli e rilancio della Scuola;

-          scena Seconda: i professori, di solito con la testa tra le nuvole e che giornali non leggono, restano del tutto indifferenti;

-          scena Terza: arriva in sala docenti l’unico sparuto sindacalista di un sindacato senza iscritti, e informa i professori che la riforma rovinerà la Scuola; i professori, sempre senza aver letto un rigo, piombano nel panico e nell’ira funesta;

-          scena Quarta: gli studenti, che sono i meno interessati in quanto prossimi ad andarsene, iniziano l’autogestione;

-          scena Quinta: i professori, e soprattutto le professoresse, si convincono che l’autogestione sia un’attività della Scuola, e partecipano;

-          scena Sesta: i professori gridano, pietoso sofisma, che vogliono la riforma, ma non questa riforma;

-          scena Settima: tutti piangono per la privatizzazione della Scuola;

-          scena Ottava: gli studenti scendono in piazza; qualche tv li riprende; poi, via al parco;

-          scena Nona: i giornalisti ripetono che i professori sono contro, senza riflettere che se centomila hanno protestato, novecentomila no;

-          scena Decima: il governo ritira la riforma e cambia il ministro reo di averla sbagliata: come fece D’Alema con Berlinguer, e al suo posto mise un sorridente vocabolario tale De Mauro, con l’ordine di non riformare manco le tendine.

 Solo che stavolta, secondo me, c’è un coup de théatre, una scena Undicesima e inattesa: Renzi se ne frega, porta la riforma in parlamento, la fa approvare dai poveri peones di deputati, e la riforma passa. Scena Dodicesima, i professori tornano al loro posto; gli studenti, intanto promossi, lasciano la Scuola.

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Greco (Oliverio Presidente): "Ai parlamentari calabresi manca l'orgoglio dell'appartenenza"

“Mi sarei aspettato che a rispondere alle inqualificabili e inopportune dichiarazioni fatte da Vittorio Sgarbi prima e da Matteo Renzi poi sulla Calabria, fossero stati i parlamentari eletti nella nostra regione, ma con mio sommo rammarico registro l'ennesimo assordante silenzio di una classe politica che è evidentemente priva dell'orgoglio dell'appartenenza”. Lo afferma in una dichiarazione il presidente del gruppo consiliare della lista ‘Oliverio Presidente’, Orlandino Greco.“Bene ha fatto, dunque, il presidente Oliverio a replicare a quelle affermazioni per difendere una terra ricca di storia, cultura e tradizioni millenarie. Questa - aggiunge Greco -  è la terra di Zaleuco di Locri, di Tommaso Campanella, di Gioacchino da Fiore, di Bernardino Telesio.  E' in Calabria che Platone e Aristotele appresero gran parte delle loro conoscenze da Timeo, Euticrate e Arione.  Io rivendico con orgoglio la nostra storia e non consento a nessuno – sottolinea con forza Orlandino Greco - tantomeno ad un fine intellettuale come Sgarbi, di esprime sentenze condizionate da pregiudizi insopportabili. Io sono orgoglioso degli imprenditori caparbi che con sacrifici e dedizione hanno scelto di rimanere a lottare in Calabria per non prendere la via dell'emigrazione. Sono orgoglioso dei commercianti che al Tuttofood hanno mostrato i prodotti calabresi che esprimono da soli la forza di una comunità e la storia di una terra. Sono orgoglioso – prosegue ancora Greco -  dei tanti giovani che non hanno trovato spazio in Calabria ma stanno dimostrando al mondo cosa significa avere grande forza di volontà, talento e senso del sacrificio.  Sono orgoglioso di tutti i calabresi che ogni mattina si svegliano sapendo di dover partire sempre da -1 rispetto al resto dell'Italia". “Che la Calabria non è il Veneto, è vero – dice Orlandino Greco - ma il problema è che la Calabria non è la Calabria. Non lo è per le responsabilità di una classe dirigente, politica e non, che fino ad oggi ha utilizzato i nostri territori per fini privatistici. Ma non lo è anche perché i governi nazionali, dall'Unità d'Italia fino ad oggi, favorendo il nord, hanno in maniera scellerata impoverito una terra che fino al 1861 rappresentava un punto d'eccellenza per tutta l'Europa. Non lo è perché la classe politica nazionale ha guardato alla Calabria come un problema da risolvere, come un'emergenza da affrontare, senza mai fermarsi a guardare i tesori naturalistici, storici e culturali che in essa si celano e che rappresenterebbero un'opportunità importante per l'Italia. E' da qui, è dalla Calabria che si parte per scrivere una seconda Unità d'Italia. Senza secessioni, né rivendicazioni. Si riparte dai nostri talenti – conclude Greco -  dai prodotti della nostra terra, dalla bellezza dei nostri luoghi. La Calabria non è il Veneto, è vero, è la Calabria".

Bersaglio Calabria: anche Renzi la mortifica

Da “terra prediletta” a luogo che “non è visibilmente in Italia”. A seconda delle occasioni la Calabria viene posta su piani diversi, ovviamente in base alle circostanze in cui si pronunciano le affermazioni e alle convenienze di chi la nomina. Dopo la caduta di stile di Vittorio Sgarbi, tocca a Matteo Renzi pronunciarsi con toni non certo lusinghieri nei confronti della nostra regione additandola come esempio negativo. Il premier, trovandosi a Mestre a sostenere la campagna elettorale per le regionali di Alessandra Moretti, ha asserito che “se la Calabria funzionasse come il Veneto tutto sarebbe risolto”. Frase sibillina, lanciata di fronte ad un pubblico che queste “trovate” ha spesso dimostrato di apprezzarle. E Renzi, da buon rastrellatore di consensi, ha offerto agli ascoltatori quello che questi vogliono sentire. Peccato che l’ex sindaco di Firenze non abbia trovato il coraggio di pronunciarsi allo stesso modo la scorsa vigilia di Ferragosto a Reggio Calabria, quando al cospetto di furibondi disoccupati, precari e percettori di ammortizzatori sociali elargiva promesse su fondi che sarebbero arrivati e su un futuro meno carico di sofferenze. E i calabresi, per usare un termine a lui caro, sono “stati sereni” riponendo nella sua “coerenza” le speranze della crescita economica. E peccato che il suo “Jobs Act” non sia esattamente la stessa cosa del miracolo economico del secondo dopoguerra e che i dati sull’occupazione giovanile, soprattutto al Sud, facciano preoccupare e anche tanto. Certo, non bisogna nascondersi la verità, la Calabria non è una regione normale, non lo è per tante ragioni. Se lo fosse, non avrebbe la classe dirigente che si ritrova, non sarebbe incollata ai vertici di tutte le classifiche negative, non avrebbe le mafie, la disoccupazione, l’angoscia del presente e la paura del futuro. Ma la Calabria, purtroppo, non è l’eccezione. La Calabria è lo specchio di un Paese malato, marcio, in dissoluzione. La Calabria non è normale tanto quanto il resto della Nazione. Del resto, se l’Italia fosse normale, non solo la Calabria sarebbe come il Veneto, ma Renzi non farebbe il Presidente del consiglio perché non è stato eletto da nessuno; i parlamentari non sarebbero nominati, ma votati; la legge elettorale non sarebbe approvata a colpi di fiducia, ma frutto di un percorso condiviso tra le forze politiche; il parlamento non sarebbe un siparietto popolato da cortigiani più interessati alla poltrona che a cambiare le sorti del Paese. Da buon fiorentino, amante delle corti rinascimentali a tal punto da farne una tutta sua in versione 2.0, il Presidente del consiglio dovrebbe tenere ben a mente le parole di un frate, Girolamo Savonarola, che nella Firenze dei Medici ripeteva che il “bene e il male di una città provengono dai suoi capi”. Pertanto, preso atto che la Calabria non è una regione normale, Renzi, abbandoni i proclami, smetta di cinguettare e ci faccia vedere di cosa è capace. Se è bravo come pensa, tra cinque anni, alle prossime regionali potrà lanciare un bel twett per dire: “tutto è risolto, la Calabria funziona come il Veneto”.

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