L'unilateralismo di Trump e l'inanità dell'Onu

Non so cosa succederà in Terra Santa, dopo la decisione di Trump circa Gerusalemme; quello che so per certo è che finora non è successo un bel niente per mano di Europa e Onu, e nemmeno di quella diplomazia vaticana che in tante altre occasioni è stata all’altezza del compito. Ma lì no, nessuno ha mai cavato un ragno dal buco, e tanto meno l’Onu.

 Ma cos’è, quest’Onu, da quando nacque, come Società delle Nazioni, quando, secondo il suo ideatore Wilson, doveva salvare il mondo? È stata ed è un immane e costosissimo apparato burocratico che ottiene molto di meno di quanto spende; e che non ha mai impedito o rinviato alcun conflitto; e che, con spregio del ridicolo, riserva dal 1945 il diritto di veto a Stati Uniti, Francia e Gran Bretagna; e a una Cina che era tutt’altra; e a un’Unione Sovietica che non c’è più, e il veto lo ha la Russia.

 Nel caso in parola, l’Onu, e in buona compagnia l’Europa e lo stesso Vaticano, hanno totalizzato infiniti fallimenti dal 1947 a oggi, senza sapere né proporre saggiamente né imporre con autorevolezza e forza. Il motivo è che a comandare, oggi, è sempre il politicamente corretto, il che produce questa paradossale situazione: quasi tutti sono contro lo Stato d’Israele, ma tutti, proprio tutti, sono dalla parte degli Ebrei; e nessuno ha il benché minimo coraggio di chiarire che gli Ebrei sono un popolo sparso nel mondo e con molte e varie cittadinanze, e manco tutti di religione israelitica, o, più esattamente, giudaistica; e lo Stato d’Israele è uno Stato come la Danimarca e come la Nuova Zelanda e il Perù, e dovrebbe avere gli stessi doveri e diritti, e venire trattato come gli altri.

 E quando in chiesa ci fanno recitare o cantare qualcosa con la parola Israele, ciò non ha un bel niente a che vedere con lo Stato d’Israele, anzi con gli Ebrei, ed è una purissima omonimia con ben diversi significati.

 Ma l’Onu deve, nella stessa seduta, parlare bene di Israele e male dello Stato d’Israele; e volere bene ai Palestinesi, però senza toccare lo Stato d’Israele.

 Ed è solo un esempio di come quest’Onu non serva a niente. Se Trump riduce i soldi americani, sarà solo la riduzione di qualche sperpero di denaro.

 Ma se le sedicenti istituzioni sovranazionali non valgono, non è che al loro posto ci sia una qualche diplomazia che agisca meglio. E tutti giocano a rimpiattino: per prima l’Italia, che dalla mattina alla sera inneggia ad Europa e Onu, e poi – ed è un’ottima idea – manda per conto suo soldati nel Niger, come li ha mandati, sempre per conto suo, in Libano. Certo che ha chiesto il permesso all’Onu, e l’Onu paga; ma anche le guerre in Iraq e Serbia e Libia eccetera sono state decise altrove… con il permesso del “Palazzo di vetro”.

 Ma se per fare cose serie bisogna gabbare l’Onu, l’Onu, che ci sta a fare?

 E ripeto che, se non possiamo sapere che risultato otterrà, se l’otterrà, Trump, diciamo che finora Onu, Europa e gli stessi Stati Uniti ne hanno ottenuti zero.

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La tragedia di Marcinelle non ha nulla in comune con la questione dei migranti

La tragedia di Marcinelle del 1956, con 262 morti in grandissima parte italiani, ha scatenato le più vivaci fantasie retroattive di storiografi improvvisati e interessati. Tale triste vicenda non ha nulla a che vedere con gli attuali “migranti”. Infatti:

  • Il Belgio richiese a gran voce braccia da lavoro, e nessuno dei minatori era partito a caso “in cerca di… ”;
  • Un accordo tra governo belga e governo italiano stabilì che l’Italia, in cambio di braccia, avrebbe ottenuto carbone;
  • I lavoratori italiani, per altro ben poco rispettati dai Belgi, erano tuttavia dotati di passaporto, permesso di soggiorno, e di residenza;
  • Partirono e giunsero in maniera perfettamente legale, senza alcuna ombra di clandestinità;
  • Erano in Belgio solo per lavorare, e nessuno li “accolse” con quel che segue.

 Il paragone con situazioni del 2017 non ha il benché minimo fondamento. Del resto, stiamo finalmente agendo in Libia per fermare il traffico.

Un corollario: i masochisti meridionaldomenicali non hanno nulla da dire; dei morti, solo cinque (5) erano calabresi; e credo tale fosse la percentuale degli altri meridionali. Se fossero stati centinaia, ne avreste sentite di lacrime, bene inteso in dialetto strettissimo!

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L'Italia, l'immigrazione e il cambio d'umore

È tutto da vedere cosa faranno effettivamente le nostre navi in Libia. Quello che conta, oggi, è rilevare il cambio di umore, il messaggio esplicito o subliminare che si sta percependo. Siamo passati, infatti, e in pochi mesi, da “accoglienza di disperati… ”, a “combattere gli scafisti”, il che significa, di fatto, impedire le partenze, e quindi gli arrivi.

 Da notare che il mutamento è avvenuto senza che protesti nessuno. Cerchiamo di capire cosa sia intervenuto, in questi pochi mesi.

  • La pubblica opinione è quasi unanime nel cambio di umore.
  • Il numero degli sbarcati è cresciuto in modo preoccupante;
  • Gli sbarcati sono in realtà trasportati in Italia non solo da navi private, ma da navi militari di Stati europei che si guardano bene di portarli sulle proprie coste, pur comode e vicine.
  • È ormai noto che i governi italiani hanno firmato dei patti suicidi, noti come Dublino; e la gente ormai lo sa.
  • Gli sbarcati vorrebbero approdare in Italia, ma per poi andarsene in Europa. L’Europa ha chiuso le frontiere anche fisicamente. Schengen, infatti, riguarda unicamente i cittadini degli Stati firmatari, mica tutti gli esseri umani.
  • Lo stesso per la più che ovvia distinzione tra profughi – pochissimi e a ben determinate condizioni – e migrazione di massa.
  • Il puerile tentativo di prendersela con l’Ungheria e basta cozza con l’evidenza del muro di Calais e delle randellate di Ventimiglia della polizia francese.
  • Perciò gli sbarcati restano in Italia, dove è sotto gli occhi di tutti che non hanno niente da fare, e dove non c’è lavoro se anche lo cerchino.
  • Sono ormai quotidiani gli scandali e casi dubbi connessi con l’accoglienza; e il buonismo si sta rivelando, se non sempre, spesso, un lucroso affare. Lo stesso per le navi private, le quali, con il solo rifiuto di polizia a bordo, rilevano una lunghissima coda di paglia.
  • Il salviniano “Aiutiamoli a casa loro”, scappato di bocca anche a Renzi, va finalmente preso sul serio.

 Sono interessanti anche alcuni risvolti della missione navale italiana.

 Essa è italiana e non europea, ed è il fallimento dell’Europa l’unica volta che poteva agire solidarmente in politica estera.

 È una risposta allo schiaffo francese della settimana scorsa, quando Macron convocò i libici senza avvertire il governo italiano; tanto più che lo strombazzato accordo pare sia fallito.

 È una missione militare, con tutti gli automatismi che ciò comporta: se attaccati, i nostri militari dovranno (non “potranno”) reagire facendo uso delle armi.

 Concludo con un suggerimento sussurrato a Gentiloni: ne parli e ne faccia parlare il meno possibile. In questo momento, tutto ci serve tranne del chiasso, se dovesse succedere qualcosa di brusco.

Libia: la Francia si prende il petrolio, l'Italia gli immigrati

 Natura abhorret a vacuo, e anche in politica, soprattutto in politica estera, i vuoti si riempiono. L’italietta blatera, supplica, accoglie, paga; e Macron prende in mano la situazione, convocando a Parigi i due principali contendenti della situazione libica, per metterli d’accordo a forza, e così stroncare il traffico dei cosiddetti “migranti”. “Migranti”, solo per gli Italiani; la Francia li considera clandestini, e li respinge a mano armata.

 Insomma, Macron fa in Libia quello che dovrebbe fare l’Italia, e che l’Italia non ha il fegato di fare: imporre l’ordine, e risolvere alla radice il problema. L’Italia di Gentiloni e Alfano colleziona un altro pezzo pregiato delle figure di non dico che è abituata a mettere in bella mostra: gli altri agiscono da maschi, e noi piangiamo da buonisti patetici. Gli altri si piglieranno l’influenza politica sulla Libia e il petrolio, e noi staremo a guardare.

 Come minimo, il governo italiano dovrebbe fare dell’ironia internazionale: Macron sta, infatti, riparando i guai creati dal suo predecessore Sarkozy assieme ad altri due arruffoni, Obama e Cameron, i quali, con la passiva assistenza di Berlusconi, abbatterono e assassinarono Gheddafi, precipitando nel caos la Libia e l’intera Africa. Un governo italiano serio dovrebbe dirlo a bocca piena; per poi protestare…

 Protestare? Macron risponderebbe che “Natura abhorret a vacuo”, e che lui sta riempiendo il vuoto lasciato da chi doveva riempirlo: l’Italia. E avrebbe ragione.

 In politica estera, due sono i fattori più negativi: l’indecisione e il buonismo; bisogna sempre mostrare una faccia dura, in qualsiasi circostanza; sempre pretendere di più per poi far finta di cedere; e sempre essere pronti a far seguire alle parole i fatti. E subito, senza tentennamenti; o delle nostre paure e remore e sottili dispute ideologiche approfitta al volo qualcun altro più deciso di noi.

 Ma chi volete che agisca così? Alfano? Mancano a lui e ad altri l’aspetto e il tono della voce!

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L'Italia terminale della nuova Via della Seta

"La Via della Seta marittima è il progetto strategico e infrastrutturale più importante del pianeta".

È quanto ha affermato Antonio Selvatici, docente di intelligence economica all'Università Tor Vergata di Roma e all'Università degli studi di Firenze intervenendo al convegno conclusivo dei laboratori del Master in intelligence dell'Università della Calabria, diretto da Mario Caligiuri.

"I cinesi - ha spiegato Selvatici - hanno pianificato lo sviluppo, il finanziamento, la costruzione e la gestione di un corridoio marittimo che raccoglie le merci prodotte in Cina con destinazione l'Europa. Il terminale della via della Seta sarà Venezia o Trieste dove approderanno le merci made in China".

Secondo il docente "il porto di Gioia Tauro è stato escluso dal progetto della Via della Seta sia dai pianificatori cinesi che dai decisori italiani. Probabilmente le grandi navi raggiungeranno direttamente il porto scelto nell'alto Adriatico escludendo Gioia Tauro".

Selvatici ha quindi sostenuto che "i cinesi sono determinati: hanno già previsto d'investire nella prima fase della costruzione dellaVia della Seta 100 miliardi di dollari".

Il docente ha concluso con una serie di interrogativi: "la Via della Seta è un'opportunità o una minaccia? L'Italia è in grado di gestire gli investimenti cinesi e la relativa invasione di merci? Siamo destinati a morire cinesi?". 

Tallini (Gruppo misto): “Immigrazione, la misura è ormai colma"

“Rispetto al fenomeno immigrazione la misura è ormai colma. Urge intervenire senza indugi. Bene ha fatto l’Ambasciatore a Bruxelles a mettere in mora l’Ue che fino adesso non è intervenuta, lasciandosi sfuggire la situazione di mano riguardo ad una questione su cui il Governo nazionale e l’Europa si giocano la loro credibilità”.

Ad affermarlo è il consigliere regionale Mimmo Tallini che sottolinea:  “I continui sbarchi sulle nostre coste e le cifre da record dei profughi giunti in Italia confermano che la situazione è ormai al limite della tollerabilità”.

“Serve che il Governo - come indicato dall’on. Santelli, deputata e coordinatrice regionale di Forza Italia - dichiari lo stato di emergenza, assumendo misure immediate sul fronte della vigilanza e del controllo con la presenza obbligatoria a bordo, di uomini delle forze dell’ordine su ogni Ong (pena divieto di attracco) e garantendo la permanenza sul nostro territorio solo a quanti siano realmente rifugiati provenienti da zone di guerra. Non si può scaricare sulle regioni del Mezzogiorno - per ragioni geografiche più esposte all’emergenza - una questione che interessa l’Europa intera”.

“Non si tratta di una prova di forza ma di una rivendicazione legittima e fondata, e diciamolo pure, anche tardiva. Il Consiglio europeo - conclude Mimmo Tallini - assuma le necessarie determinazioni. Allo stato, la linea dura di negare l’accesso alle navi straniere rappresenta l’unica strada percorribile”.

Lo Ius soli non cancella sradicamento

Che sola! Verrebbe da dire, nel turbolento iter legislativo dello ius soli: diritto complicato di origini antiche, ma che si è evoluto nel corso dei secoli, diversamente interpretato ed attuato nei vari Paesi del mondo. È arrivato il tempo di attuarlo in Italia: una carta di civiltà che non può essere accantonata ha proclamato il Presiedente del Consiglio.

Eppure se si tien conto di quanto solo tre anni fa (2104) venne puntualmente annotato da Valerio Marotta nell'articolo "Ius sanguinis, ius soli. Una breve nota sulle radici storiche di un dibattito contemporaneo", apparso nella prestigiosa rivista "Periodica de Re Canonica", si ha conferma che le norme attuali regolano con buon senso i diritti di cittadinanza e le modalità di richiesta anche per chi è nato in Italia da genitori stranieri, spesso di culture differenti.

Marotta scrive: "La scelta del puro ius soli comporterebbe in Italia, effetti aberranti, perché qui non siamo nell'Argentina o negli Stati Uniti del XIX o del primo decennIo del XX secolo. È opportuno ribadire, inoltre, che emigrazione e società multiculturale non sono di per se stessi fenomeni positivi. Un giusto ordine mondiale dovrebbe proporsi il fine di garantire a ciascun popolo di perpetuare le condizioni della propria esistenza e di conservare, in tal modo, il pieno controllo delle proprie fonti di sussistenza.

Soltanto così ogni uomo potrebbe esercitare il diritto o di rimanere nella comunità nella quale è nato, contribuendo al suo progresso sociale e culturale o di trasferirsi altrove liberamente e non per costrizione, sotto la perpetua minaccia di un'estrema indigenza materiale. Problemi come questi non si risolvono con più o meno generiche esortazioni " e - mi permetto di aggiungere - con quei retaggi politici, avvolti nel "do ut des" anche per una impropria e dilagante miope concessione dello ius soli.

"Ahi serva Italia di dolore ostello, nave senza nocchiero in gran tempesta" ! che sola! e non solo. Per fortuna, la speranza di un futuro migliore è ancora l'ultima a morire.

 

 

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Immigrazione clandestina, fermato uno scafista

Sottoposto a fermo lo scafista di un’imbarcazione soccorsa, in acque internazionali, da una Nave della Marina Militare Italiana e arrestato, in flagranza di reato, un uomo con precedenti specifici in tema di immigrazione clandestina per aver fatto reingresso nel territorio dello Stato italiano senza idonea autorizzazione.

 È questo il bilancio dell’attività investigativa condotta dagli uomini della Squadra Mobile della Questura di Reggio Calabria – Sezione Criminalità Straniera e Prostituzione – con il coordinamento dalla locale Procura della Repubblica.

 L’uomo sottoposto a fermo – Kamodiallo Daoudiallo di 19 anni, originario della Guinea – è gravemente indiziato di essere stato al comando di una delle imbarcazioni a bordo delle quali hanno viaggiato una parte dei cittadini extracomunitari sbarcati al porto di Reggio Calabria nella giornata del 26 maggio scorso, dopo essere stati soccorsi in mare dalla Nave della Marina Militare Italiana “Libra”.

 Al giovane, la Procura della Repubblica di Reggio Calabria ha contestato il reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina perché avrebbe condotto, dalle coste libiche verso il territorio dello Stato italiano, un’imbarcazione a bordo della quale viaggia parte dei migranti giunti al porto di Reggio Calabria. L’accusa è aggravata ulteriormente l’aver consentito l’ingresso in Italia di più di cinque persone, di aver esposto le persone trasportate a pericolo di vita, di aver sottoposto le persone a trattamento inumano o degradante e di aver commesso il fatto allo scopo di trarre profitto, anche indiretto.

 Un secondo uomo di origine egiziana – Saber El Kot El Sayed Kamal, di 43 anni  è stato arrestato in flagranza di reato in quanto responsabile del reato di reingresso illegale nel territorio dello Stato italiano in violazione della normativa prevista dal Testo unico immigrazione, in quanto già destinatario di un provvedimento di espulsione emesso lo scorso anno dal Questore della provincia di Catania.

Dalla ricostruzione dei fatti operata dagli investigatori della Squadra Mobile è emerso che i migranti che erano a bordo delle imbarcazioni, dopo aver pagato ingenti somme di denaro agli organizzatori del viaggio, sono partiti dalla Libia alla volta delle coste italiane, senza scorte di cibo e acqua ed in precarie condizioni igienico-sanitarie.

 L’ Autorità giudiziaria ha convalidato i provvedimenti ed emesso, contestualmente, ordinanza di custodia cautelare in carcere a carico del cittadino guineano sottoposto a fermo e nulla osta all’espulsione dal territorio nazionale nei confronti del cittadino egiziano tratto in arresto.

  • Published in Cronaca
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