Reddito di cittadinanza ai mafiosi, Wanda Ferro (FdI): "Questo governo è una pacchia per la criminalità. Con il sussidio lo Stato finanzia l'anti-Stato"
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«Procedere ad un’equa ed equilibrata ripartizione delle quote di tonno rosso, per valorizzare la pesca costiera artigianale, mediante bandi pubblici che favoriscano l’ingresso di nuove imbarcazioni».
E’ quanto chiedono con una interrogazione al ministro delle Politiche agricole i deputati di Fratelli d’Italia Carolina Varchi e Wanda Ferro, richiamando quanto denunciato dagli assessori alla Pesca delle Regioni Calabria e Sicilia, secondo cui il sistema delle quote per la campagna del tonno rosso penalizza le marinerie locali, consentendo la pesca ad un numero ristretto di operatori, a causa di criteri che andrebbero immediatamente cambiati prima di condannare le imbarcazioni locali di pesca al fallimento. Gli assessori di Calabria e Sicilia hanno infatti inviato una nota congiunta al ministro Bellanova, per rimarcare come il provvedimento “continua ad assegnare le nuove quote disponibili ad imbarcazioni già in possesso di altre quote, impedendo di fatto l’accesso a nuove imprese”.
«Le marinerie locali, in particolare calabrese e siciliana – spiegano le deputate di Fratelli d’Italia - vantano un’importante tradizione, ma essendo costituite prevalentemente da imbarcazioni di pesca costiera artigianale, non sono state in grado di accedere all’assegnazione delle quote, finendo con l’essere ulteriormente penalizzate da un sistema basato sui parametri delle dotazioni storiche, che avvantaggia chi è già presente nel settore, precludendo, di fatto, la possibilità di nuovi accessi».
Per Carolina Varchi e Wanda Ferro «è necessario riequilibrare il sistema, invertendo la dannosa tendenza di assegnare l’aumento di quote a poche barche, penalizzando l’intero sistema delle marinerie locali, con risvolti significativi in tema di sviluppo, economia, turismo e valorizzazione delle tradizioni».
Varchi e Ferro hanno anche chiesto al ministro di incrementare immediatamente la quota da assegnare sul “Sistema della quota indivisa”, attraverso modifiche idonee a semplificare le misure di sbarco del prodotto nei porti designati.
«Dopo le rivelazioni del pm Nino Di Matteo ci aspettiamo le immediate dimissioni del ministro Bonafede».
È quanto affermano il segretario della Commissione antimafia Wanda Ferro e gli altri parlamentari di Fratelli d’Italia nell’organismo parlamentare Luca Ciriani e Antonio Iannone.
«Noi di Fratelli d’Italia - proseguono i parlamentari - avevamo già chiesto al presidente Morra e ottenuto l’audizione del ministro Bonafede, per fare chiarezza sulle numerose scarcerazioni dei boss mafiosi che si sono susseguite nelle settimane successive al varo del decreto “Cura Italia”, che ha innescato il pericoloso meccanismo di correlazione tra detenzione carceraria e rischio di contagio, deflagrato poi con le circolari del Dap. Nelle scarcerazioni dei mafiosi ci sono gravissime responsabilità del governo che, dopo le rivolte pianificate e fomentate dalla criminalità organizzata, anziché punire i responsabili ha ceduto le armi e spalancato le porte degli istituti penitenziari grazie anche alle decisioni del Dap. Probabilmente l’esatto contrario di ciò che avrebbe fatto alla guida del Dipartimento il pm Nino Di Matteo, che gli stessi mafiosi temevano, come è emerso dalle intercettazioni nelle quali affermavano che “se viene questo butta le chiavi”.
Il ministro Bonafede venga a riferire in Commissione e spieghi perché ha cambiato idea dopo aver proposto a Di Matteo la guida del Dap. Pretendiamo di sapere cosa lo ha convinto a ritirare la sua proposta e a nominare un altro direttore, poi costretto a dimettersi dopo lo scandalo delle scarcerazioni. Pretendiamo di sapere perché sulle rivolte in carcere il governo ha tenuto una linea di arrendevolezza, perché non sono state garantite negli istituti penitenziari le condizioni di sicurezza per tutelare i detenuti dal rischio di contagio, e perché si sia ritenuto che far scontare la pena a casa possa essere più sicuro di un regime di isolamento in carcere. Pretendiamo di sapere perché si continua a scaricare la responsabilità delle scarcerazioni sui magistrati di sorveglianza, mentre nel nuovo decreto del governo non si esclude la possibilità di concedere la detenzione domiciliare ai detenuti sottoposti al 41bis. Se il governo non lavora con il favore delle tenebre, faccia piena luce su questa vicenda vergognosa, che richiama alla memoria la trattativa Stato-mafia del ’92 e che sta rischiando di mandare in fumo trent’anni di lotta alla mafia».
«Leggendo la nota con cui il Pd di Catanzaro si oppone in maniera decisa alla realizzazione di un ospedale Covid e quindi di un centro specialistico di malattie infettive nella sede dell’ex policlinico “Villa Bianca” - una proposta che ha riscosso un sostegno ampio e trasversale in tutta la regione, tra i rappresentanti politici e istituzionali, il mondo dell’associazionismo, le rappresentanze studentesche, ma soprattutto tra gli operatori sanitari, tanto ospedalieri quanto universitari - verrebbe da chiedersi quanto questa posizione sia realmente condivisa anche all'interno dello stesso partito».
E’ quanto afferma il deputato Wanda Ferro, coordinatrice provinciale di Fratelli d’Italia Catanzaro, che prosegue: «Non voglio entrare in casa d’altri, anche se non posso fare a meno di notare l’identità di vedute tra il "Pd di Catanzaro" e il commissario dell’Azienda ospedaliera universitaria Giuseppe Zuccatelli, unica altra voce contraria alla riconversione di “Villa Bianca” in centro Covid. Riflessioni legittime, se fossero argomentate serenamente e con spirito costruttivo. Spiace invece riscontrare una vena sarcastica che appare inappropriata rispetto all’importanza e alla serietà della discussione, e che assume addirittura sfumature autolesioniste, laddove si ironizza sull’autorevolezza di Guido Bertolaso, che persino il governatore Pd delle Marche ha chiamato come consulente per la realizzazione di una struttura specializzata covid ad alta dotazione tecnologica. La proposta di Bertolaso di realizzare un centro covid per ogni regione, tra l’altro, coincide pienamente con quella formulata proprio ieri dal governo nazionale sostenuto dal Pd, attraverso le dichiarazioni del presidente Conte e del ministro Speranza. Insomma se il Partito democratico catanzarese non è piombato in una vera e propria crisi di identità, quantomeno ha imboccato una strada diversa da quella intrapresa dal governo e dalle altre regioni in cui amministra. Ma è soprattutto il merito della posizione che lascia perplessi. Considerata infatti la consistente disponibilità di risorse, le comprensibili preoccupazioni sui lunghi tempi di adeguamento della struttura, a parere degli esperti, possono essere superate attraverso una netta semplificazione delle procedure burocratiche, mettendo in campo una reale volontà politica e una piena condivisione istituzionale, basti pensare a quanto avvenuto con la ricostruzione del ponte di Genova. Il Partito democratico catanzarese, invece, sostiene, in sintesi, l’opportunità di trattare i pazienti covid all’interno delle strutture ospedaliere, seppur con i dovuti accorgimenti strutturali e di formazione del personale. Una visione di organizzazione sanitaria che ha mostrato ovunque i suoi limiti, e che anzi ha contribuito al diffondersi dell’epidemia, esponendo a rischi gravissimi di contagio sia gli operatori medici e sanitari che gli stessi pazienti, soprattutto quelli più deboli. Basterebbe ricordare quanto avvenuto all’interno del reparto di Dialisi del “Pugliese-Ciaccio”, nonostante tutti gli accorgimenti messi in campo dal management aziendale. Anche la proposta di destinare ai pazienti Covid l’edificio C del policlinico comporterebbe una serie di difficoltà e di rischi legati ai percorsi comuni con le altre strutture universitarie. Non è un caso che la posizione del Pd di Catanzaro sia del tutto isolata, e ci auguriamo che anche il commissario Zuccatelli, che ha motivato le sue perplessità con i tempi di realizzazione legati alle procedure burocratiche, possa riconsiderare la validità di un progetto ambizioso e di prospettiva, che potrebbe rappresentare un passo importante e pienamente condiviso nel processo di integrazione tra l’ospedale “Pugliese” e il policlinico “Mater Domini”, e che soprattutto potrebbe consentire alla Calabria di dotarsi di un centro di eccellenza di malattie infettive. Un centro in cui effettuare ricerca, diagnosi e assistenza anche dopo la fine dell’emergenza covid, come chiaramente spiegato dal rettore De Sarro che, da ricercatore, ha evidenziato la necessità di attrezzarsi per tempo per affrontare sia una evoluzione del virus che l’impatto di altre possibili epidemie».
«Realizzare anche in Calabria un piccolo ‘Spallanzani’, un centro ospedaliero destinato unicamente alla diagnosi e alla cura delle malattie infettive».
È quanto afferma il deputato di Fratelli d’Italia Wanda Ferro, che spiega: «Per molto tempo saremo costretti a convivere con il coronavirus, considerato che gli studi epidemiologici considerano molto più che una ipotesi una seconda ondata dell’epidemia in autunno, dopo l’avvio della cosiddetta 'fase 2'. È quindi evidente la necessità di programmare per tempo il prossimo futuro sanitario e liberare gli ospedali dal peso dell’assistenza Covid per far riprendere, per quanto possibile, la normale attività dei reparti. È per questo condivisibile la proposta lanciata dal consulente per l’emergenza della Regione Lombardia Guido Bertolaso, che ha proposto la realizzazione di un Covid Center per ogni regione. L’idea è quella di realizzare una struttura specialistica in un luogo autonomo e indipendente rispetto agli ospedali, così come è avvenuto storicamente per i centri italiani più importanti di malattie infettive come lo “Spallanzani” di Roma, il “Sacco” di Milano e il “Cotugno” di Napoli, o a Catanzaro il “Ciaccio” e il “Madonna dei Cieli”, nati negli anni ’40 per ospitare i pazienti affetti da tubercolosi. Per il centro Covid calabrese una valida soluzione potrebbe essere quella individuata dal rettore dell’Università “Magna Graecia” Giovambattista De Sarro, che ha proposto l’utilizzo dell’ex “Villa Bianca” di Catanzaro. Si tratta di una struttura completamente indipendente, capace di ospitare 140 posti letto, e che è già attrezzata con una piccola rianimazione, un laboratorio di Microbiologia e varie strumentazioni diagnostiche. Se le condizioni dell’edificio consentono una rapida ristrutturazione, il presidio universitario potrebbe essere adeguato agli standard di sicurezza Covid e attrezzato con l’attivazione di tutti i servizi necessari all’attività assistenziale e il potenziamento di quelli esistenti. Ciò consentirebbe di concentrare l’attività Covid in un unico centro e preservare così le funzioni dell’ospedale “Pugliese-Ciaccio” e del policlinico universitario, garantendo migliori condizioni di sicurezza ai pazienti, al personale medico-sanitario e agli studenti dell’Ateneo. In alternativa potrebbe essere valutata l’ipotesi, proposta dal rettore, di realizzare un nuovo moderno ospedale dedicato alla ricerca e all’assistenza per patologia infettive nell’area del campus universitario, ma a condizione che siano individuate procedure snelle e in deroga, analoghe a quelle utilizzate per la realizzazione del ponte di Genova, che consentano di essere pronti e operativi già dopo l’estate. Occorre acquisire la consapevolezza che "in tempi di guerra" le regole ordinarie non sono capaci di produrre risultati in tempi rapidi, e che mai come in questo momento bisogna rompere gli ostacoli burocratici salvaguardando ovviamente i principi inderogabili di legalità. Una terza ipotesi è quella di una tensostruttura autonoma, che però esaurirebbe la sua funzione nel supporto alla fase acuta dell’emergenza Covid».
“Nonostante le difficoltà legate all’emergenza coronavirus, riteniamo si debba assicurare il regolare funzionamento della Commissione parlamentare antimafia”.
A chiederlo è il segretario della Commissione antimafia Wanda Ferro, anche a nome degli altri parlamentari del gruppo di Fratelli d’Italia in Commissione, Luca Ciriani e Antonio Iannone.
“Oggi più che mai è necessario che la Commissione si riunisca, come le commissioni permanenti, naturalmente adottando gli accorgimenti tecnici necessari a garantire la sicurezza di tutti gli addetti ai lavori. E’ doveroso infatti che, proprio nel corso dell’emergenza, la Commissione dia il proprio contributo in termini di analisi e proposte, considerato l’alto livello di allarme che è stato sollevato da autorevoli magistrati antimafia, dal procuratore nazionale Cafiero De Raho, ai procuratori Gratteri, Bombardieri, Lombardo. E’ necessario assicurare la massima attenzione e una immediata capacità di reazione da parte del Parlamento per contrastare gli appetiti delle organizzazioni mafiose sui grandi flussi di liquidità destinati ad assicurare la ripartenza del sistema economico nazionale, ma anche per tenere alta l’attenzione sul rischio di infiltrazioni criminali nel tessuto produttivo colpito dalla crisi, con effetti distorsivi sull’economia legale, e sui tentativi della criminalità di inserirsi nelle situazioni di disagio per riconquistare consenso sociale attraverso il proprio ‘welfare’. Per questo chiediamo anche al presidente Morra di sollecitare la presidente del Senato Casellati e ai capigruppo di Palazzo Madama affinché vengano superate al più presto le difficoltà di natura tecnica per favorire una ripresa dei lavori della Commissione antimafia”.