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Comunali Serra. LiberaMente e il cattivo gusto dell'ambiguità

L'assunto da cui partire è uno: l'idea alla base della creazione di una lista che andasse oltre il perimetro tracciato da Brunello Censore, su un lato, da Nazzareno Salerno, sull'altro, avrebbe anche potuto essere meritevole di considerazione, indipendentemente da chi se ne fosse fatto carico. Ma il concepimento della agognata "terza lista", cui è stato poi dato, con scarsa fantasia, un nome già abbondantemente utilizzato da altre compagini in svariate competizioni elettorali, lascia un retrogusto amaro di dubbi, nel metodo e nel merito. Il candidato a sindaco scaraventato sui tavoli di tutte le trattative intavolate alla fine ha centrato l'obiettivo: Alfredo Barillari si è, infatti, messo alla testa di un gruppo assai variegato del quale fanno parte diversi componenti che avrebbero potuto, indifferentemente, far parte di una qualsiasi delle altre due liste in campo: "In Alto Volare" e "La Serra Rinasce". Perché, al netto degli applausi della claque, negare giravolte spaziali di fronte ad una comunità che non arriva ai 7000 abitanti non risulta credibile e quanto di più distante dalla verità. Sedicenti valori e dignità un tanto al chilo piazzati in bella vista sui banchi del "mercato delle vacche". Ed è stato lo stesso leader di "Liberamente", del resto, ad averlo indirettamente ammesso fin dalle prime uscite tirando fuori la nota faccenda della richiesta di tesseramento a Forza Italia. Prendiamo per buona la sua verità, ma perché Nazzareno Salerno proponesse questa condizione per sposare l'ipotesi di "lanciare" il giovane ricercatore universitario nella corsa alla carica di Primo Cittadino significa, fino a prova contraria, che in quella stanza, su quella sedia di fronte al consigliere regionale, ci fosse qualcuno che agiva in nome e per conto di Barillari junior, non di altri. L'obiettivo, quindi, non era quello di trovare soluzioni di compromesso che dessero respiro al progetto civico allestito nel frattempo dallo stesso Salerno e da Michele Ciconte, ma trovare una sponda alla personale ambizione di indossare la fascia tricolore. Quali siano le fondamenta su cui poggia l'edificio di questo desiderio irrefrenabile continua ad essere un mistero insondabile e tale rimarrà fino all'apertura dei seggi. Con un eccesso di disinvoltura qualcuno insiste nel parlare di "dialoghi con le diverse politiche", per giustificare la frenesia con cui nelle scorse settimane si è andati a caccia del solo traguardo da raggiungere: la scalata al Municipio. Fa sorridere, pertanto, ascoltare o leggere oggi di attacchi fuori tempo massimo all'indirizzo di Censore e Salerno, dipinti come "dittatori" che, però, se avessero accettato di abbassare la testa di fronte all'arroganza esibita dai giovani interlocutori, si sarebbero, come d'incanto, trasformati ai loro occhi in ispirati leader. Ma, indipendentemente da queste considerazioni che hanno a che fare  con la coscienza individuale di ciascuno, è il dato politico a lasciare perplessi. Proprio perché già radicati sul territorio e muniti del consenso necessario per mobilitare, con uno schiocco delle dita,  candidati ed elettori, sia Censore che Salerno, in fin dei conti, non avevano urgenza di presentarsi ai nastri di partenza con qualcosa di definito e già strutturato. Una condizione radicalmente diversa rispetto a quella che avrebbe, invece, dovuto, spingere chiunque fosse stato intenzionato a presentare una proposta alternativa al duo Censore-Salerno a muoversi, non con mesi d'anticipo, perché già sarebbe stato tardi, ma anni prima rispetto alla scadenza elettorale. Solo così un progetto si sarebbe potuto reggere su idee che affondano le radici nel terreno della realtà, quella autentica, e non quella osservata con gli occhiali dell'arrivismo e della presunzione. Quando manca un humus fertile nulla può attecchire, nemmeno il rispetto di modi e convenzioni che obbligano un candidato a sindaco a rispondere, con i fatti, alla domanda di un giornalista e non cercando il facile consenso da bar. E la corsa al copiaincolla di simboli e nomi della lista "LiberaMente" (è sufficiente un rapidissimo giro su Google) è una ulteriore testimonianza che le idee ed i progetti sbandierati latitano. Dispiegare adesso l'illusoria potenza di fuoco "dinastica", null'altro che un'artiglieria ereditaria molto in voga un paio di secoli addietro, non è sufficiente, perché la politica è altro, come dovrebbero sapere anche coloro che ancora confusi fra quale ruolo assumere, tra candidato e giornalista, peccano di mancata conoscenza dell'avversario (immaginario). Specifici studi post-universitari abbinati a qualche anno dietro una cattedra, potrebbero anche dare il diritto di discettare di comunicazione politica su Facebook e scelte editoriali. In mancanza di questi prerequisiti, prudenza vorrebbe che le dita sulla tastiera si fermassero con pudore. 

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