Dettagli dell'inchiesta sui vertici di "Calabria Verde": 3 arresti e altre due misure cautelari

Nella mattinata odierna i finanzieri del Comando provinciale di Catanzaro hanno eseguito cinque misure cautelari nei confronti di dirigenti, funzionari e consulenti della società “Calabria Verde”, indagati a vario titolo per abuso d’ufficio, peculato, falso ideologico commesso dal pubblico ufficiale e minacce a pubblici ufficiali. L’ordinanza cautelare è stata emessa dal giudice per le indagini preliminari Giuseppe Perri, su richiesta del procuratore aggiunto Bombardieri e del sostituto procuratore Prontera della Procura della Repubblica di Catanzaro diretta da Nicola Gratteri. I provvedimenti (due custodie cautelari in carcere, uno ai domiciliari, un obbligo di dimora e una interdizione), eseguiti dai militari del Nucleo di Polizia tributaria di Catanzaro, riguardano il direttore generale pro tempore, tre dirigenti, di cui uno in pensione, e un consulente esterno di “Calabria Verde”. La società “Calabria Verde”, società costituita nel maggio del 2013 nella quale sono confluite l’Azienda forestale della Regione Calabria (A.F.O.R) e le Comunità Montane, è un ente in house regionale con il compito di assolvere in modo unitario a tutti gli interventi sul territorio nel campo della forestazione e della difesa del suolo. In particolare, le complesse ed articolate attività investigative della Guardia di Finanza hanno consentito di evidenziare, secondo gli inquirenti, il compimento di presunti illeciti nell’ambito di un progetto comunitario (Por-Fondi europei di sviluppo regionale - 2007/2013) poiché sono stati impiegati fondi per circa 80.000.000 di euro, stanziati per la messa in sicurezza dei corsi d’acqua (linea di azione 3.2.1.2.) e per i rischi frane (linea di azione 3.2.2.1.) del territorio regionale, per fini differenti rispetto a quelli previsti, in quanto erano utilizzati progressivamente per il pagamento in via stabile e continuativa degli stipendi ordinari e degli straordinari dei dipendenti di “Calabria verde”. Con tale stratagemma, pertanto, sarebbero stati distratti quasi ottanta milioni di euro, rispetto ai 102 milioni stanziati, sottraendoli alla loro funzione vincolata. Infatti, la linea di azione 3.2.1.2. riguarda azioni di rimozioni del rischio di esondazione dei corsi d’acqua attraverso interventi di ripristino della sezione idraulica e della funzionalità delle opere idrauliche in aree a rischio molto elevato (r4) o elevato (r3) all’interno del piano di assetto idrogeologico (P.A.I.) della Regione Calabria, mentre quella 3.2.2.1. concerne gli interventi di mitigazione ed eliminazione dal rischio frane con la messa in sicurezza degli insediamenti urbani e delle infrastrutture strategiche in aree a rischio molto elevato (r4) o elevato (r3) all’interno del P.A.I.. Le indagini hanno, altresì, consentito di appurare, a parere degli investigatori, ulteriori fatti gravissimi ed in particolare che il direttore generale pro tempore aveva fatto eseguire alcuni lavori di ristrutturazione della propria abitazione privata, utilizzando operai (che risultavano in servizio, così distraendoli dall’attività dell’ufficio) e mezzi della azienda, nonché acquistando materiale con i soldi dell’ente pubblico per un danno complessivo alle casse della stessa di quasi 33 mila euro. Da ultimo, sarebbe stato accertato che era stato conferito un incarico da “dottore agronomo” per 30 mila euro, di cui riscossi solo 17 mila euro, ad un agrotecnico, amico del medesimo direttore generale, senza che ne avesse i titoli per ricoprirlo (peraltro, sostengono i titolari dell’indagine, all’interno dell’ente vi erano almeno diciotto dipendenti con la qualifica e i titoli per poter svolgere il medesimo incarico). In particolare, sebbene la società avesse approvato un avviso pubblico per la creazione di una short list per l’affidamento di un incarico di redazione del piano di gestione forestale, aveva comunque designato l’agrotecnico pur non avendo questi i titoli di “dottore agronomo”

 

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