Film italiano a Cannes e pesci in faccia

Che film italiano hanno presentato a Cannes? Una commedia? Una tragedia? Una tragicommedia o fliace che dir si voglia? Un’analisi politica? Un filmone storico su Alarico? Uno su San Francesco di Paola nel centenario? Ma no, queste cose banali le fanno gli Americani, i Russi, i Cinesi, gli abitanti delle Isole Figi e quelli del Belize: gente barbara, da poco! Noi presentiamo, ovviamente, un film sulla camorra. E la mafia? Pazienza, a turno: l’anno prossimo. La tv tenta di spiegarci che trattasi non solo di un film educativo e antimafia segue cena (anticamorra segue pizza, in alternativa), ma un capolavoro, il capolavoro dai tempi dei fratelli Lumiere a oggi. A Cannes invece non se lo filano proprio, non gli assegnano nemmeno il premio per la migliore impiegata al botteghino, lo pigliano a pesci in faccia. Non è che i giurati siano camorristi; è che il film non meritava alcun premio, e non glielo hanno dato. Sapete che vi dico? Che la fine ingloriosa di ogni forma d’arte è il politicamente corretto; il buonismo più o meno scontato; i predicozzi prevedibili. In Italia certi prodotti campano a colpi di ricostituenti artificiosi e applausi di scolaresche precettate; all’estero, manco esistono. Sarebbe ora di tornare a fare del cinema, come della letteratura, che nascano dalla passione e dalla creatività, e che suscitino emozioni. Altro che pistolotti melensi e zuccherosi, o falsamente drammatici

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