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La ‘ndrangheta che cambia: dalle armi ai centri commerciali

I tentacoli sono sempre più lunghi e possenti. Arrivano in ogni dove, abbrancano ogni settore. Tappano troppe bocche, soffocano tante speranze. Eppure le operazioni delle forze dell’ordine si moltiplicano, gli arresti non si contano. L’ultima settimana è stata quasi uno scorrere di fotogrammi che descrivono che cosa è oggi la ‘ndrangheta. Dallo scacco ai Piromalli di Gioia Tauro ai duri colpi alla cosca degli zingari di Cassano allo Jonio gli inquirenti hanno svelato interessi e connubi, affari illeciti e rapporti inquinati. Lo si sapeva, così è semplicemente più chiaro e tangibile. La ‘ndrangheta non si limita a minacciare e sparare, ma viaggia, progetta e investe. In Calabria come in ogni angolo del globo. S’infiltra e contamina, offusca e corrompe, si riunisce, decide e vota. Aleggia sui centri commerciali, compra e vende cocaina, eroina e marijuana, predomina nei traffici di armi e nei pericoli per la sicurezza nazionale vede occasioni di profitto. Intimidisce gli amministratori, manda messaggi sinistri alle vedove che vorrebbero gridare il loro dolore, s’insinua nei lavori pubblici. A volte con la veste elegante dell’imprenditore, altre con il passamontagna e la benzina per incendiare gli embrioni dello sviluppo. Si manifesta nei fatti materiali come nelle subculture che ogni giorno si nutrono di omertà e prevaricazione. È un fenomeno che va studiato a fondo per poter essere compreso e combattuto. Perché si evolve continuamente, mutando non solo nelle forme e nelle attività, ma anche nei riti. Nei giorni scorsi “Il fatto quotidiano” ha raccontato il battesimo di ‘ndrangheta ricevuto da Luciano Nocera, finito dietro le sbarre con l’accusa di omicidio. La sua affiliazione  è avvenuta nel carcere di Como nel 2004: “da sempre – ha spiegato Nocera ai magistrati dell’antimafia milanese – sono stato vicino a gente affiliata, ero un contrasto onorato. Prima mi diedero lo sgarro e poi la Santa”. In particolare, “per il conferimento della Santa, Vona mi fece una croce sulla schiena e bevve il sangue che uscì”. Ci sono, dunque, procedure e regole interne, soprattutto c’è una capacità di penetrare nella società con le chiavi del bisogno e della disoccupazione, con quelle della sete di denaro facile  e del desiderio di potere. Le Istituzioni sembrano carenti di mezzi e di uomini in questa lotta contro un male che parte dall’anima; talvolta sono indebolite perché quel male ce l’hanno dentro.  E non basta sciogliere gli Enti per bonificarli perché questo cancro è capace di infettare la burocrazia oltre che la politica. La guerra per sconfiggerlo parte dalla quotidianità, dalle piccole verità, dal coraggio di pensare alle generazioni del futuro e non unicamente a se stessi. E prima di cercare di cambiare gli altri, occorre guardarsi allo specchio e riflettere sulle proprie azioni.

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