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Ospedali di montagna, Rosi: “Da Scura e Oliverio nessuna novità sostanziale”

Si fanno strada vedute differenti circa il futuro dell’ambito della tutela della salute nelle aree disagiate. Dopo le uscite di diversi esponenti del Pd, è Bruno Rosi ad effettuare delle puntualizzazioni che svelano particolari finora non conosciuti. “Ritengo necessario – spiega il sindaco del paese della Certosa - innanzitutto per una questione di correttezza nei confronti dei cittadini, chiarire quanto effettivamente avvenuto durante la riunione nella quale si è discusso degli ospedali di montagna, a cui hanno preso parte il presidente della giunta regionale Mario Oliverio, il commissario ad acta Massimo Scura, il presidente della commissione Sanità Michele Mirabello e i sindaci dei centri direttamente interessati. Dalle dichiarazioni trionfalistiche lette sulla stampa – aggiunge il capo dell’esecutivo serrese - emergono, infatti, elementi che lasciano intravedere prospettive in parte diverse dalla realtà”. Una premessa che fa presumere un’enfatizzazione delle circostanze praticata a discapito dell’effettiva portata della discussione. “Va subito detto – sostiene Rosi - che Oliverio ha spiegato di aver voluto convocare il tavolo per evitare  quelle che ha definito ‘corse demagogiche’, che poi si sono puntualmente verificate.  La discussione si è concentrata sugli aspetti riguardanti l’emergenza-urgenza e la parte ambulatoriale e non è stata esplicitata nessuna volontà da parte di Scura di rivedere in maniera sostanziale il decreto 9/2015. Anzi, Scura aveva fatto intendere che, secondo il Ministero, vista la ridotta attività, questi nosocomi sarebbero stati da chiudere. È stato invece concordato che i sindaci di Acri, Serra San Bruno, San Giovanni in Fiore e Soveria Mannelli si confrontino con i loro omologhi dei rispettivi distretti per poter successivamente organizzare un nuovo incontro fra i 4 capi degli esecutivi dei paesi in cui ci sono gli ospedali di montagna”. Quindi, il vertice sarebbe stato di carattere interlocutorio e non tale da giustificare improvvisi entusiasmi. A questo punto, l’esponente di Forza Italia passa dalla narrazione dei fatti alla manifestazione del suo pensiero e afferma che “a mio avviso, è essenziale cancellare la postilla posta nel decreto 9/2015 dalla quale si deduce che al momento del completamento del nuovo ospedale di Vibo verranno trasferiti nella città capoluogo di provincia tutti i posti letto presenti sul territorio e garantire quanto indicato nel decreto 18/2010 con un ospedale in grado di ricevere e trattare i pazienti grazie ad un Pronto soccorso completo, dotato di tutte le funzionalità necessarie a partire dalla Radiologia e dal Laboratorio analisi, un valido Elisoccorso, un reparto di Medicina di qualità, un reparto di Lungodegenza e uno di Riabilitazione ed una rete territoriale forte”. Infine un monito: “È indispensabile informare in maniera trasparente i cittadini su ciò che succede e sulle vere prospettive, evitando di creare aspettative utili solo a guadagnare consensi in vista delle prossime elezioni amministrative. Chi ha ruoli di alta o altissima responsabilità – conclude Rosi - deve porre al primo posto il leale perseguimento del bene collettivo e non i tornaconti politici”.

 

Ospedali di montagna, Rosi: «subito un confronto con i sindaci del nostro distretto»

Se ci sarà uno spiraglio per il nosocomio di Serra San Bruno lo sapremo nelle prossime settimane. Intanto una cosa è certa: se ne parla. E soprattutto si parla di un suo “potenziamento”. Ma dai tavoli della politica ancora non si comprende in cosa possa consistere effettivamente questo “potenziamento”. Sicuramente non ci sarà un ritorno all’ex reparto di chirurgia cosi per come lo conoscevamo. Si pensa invece al potenziamento del reparto di radiologia e del laboratorio analisi che devono essere messi in condizione di ricevere nel miglior modo possibile l’utente. I medici dovranno essere in grado di dare risposte immediate e poi valutare ricoveri o trasferimenti. Di questo e di molto altro ancora se n’è discusso l’altro ieri, presso la sede della presidenza della Regione, durante il vertice presieduto dal Presidente della Giunta regionale Mario Oliverio e al quale hanno preso parte il Presidente del Consiglio regionale Antonio Scalzo, il Commissario ad acta per l’attuazione del vigente Piano di rientro dai disavanzi del settore sanitario ed i sindaci ed i rappresentanti dei Comuni interessati, San Giovanni in Fiore, Serra San Bruno, Soveria Mannelli e Acri. A quell’incontro c’era anche il sindaco della cittadina della Certosa, Bruno Rosi, che lo ha definito “interlocutorio”. Un incontro aperto e non ancora operativo dal qual usciranno idee che, si spera, verranno poi messi concretamente in campo. Ma il sindaco Rosi che farà? «Chiederò – ha spiegato al Redattore - subito l’incontro con tutti i sindaci dei paesi compresi nel distretto montano, poi ci sarà un ulteriore incontro con i medici e gli operatori sanitari e infine un altro incontro coi sindaci dei distretti degli altri ospedali di montagna, poi saremo riconvocati di nuovo dalla Regione e inizierà la fase operativa». Tempi brevi si spera. A sentir parlare il sindaco Rosi e i politici democratici, punti di riferimento locali del presidente della giunta regionale, Mario Oliverio, non vi è dubbio che si possa parlare di una fase nuova, una direzione diversa che va verso un cauto ottimismo.

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Fusione, Rosi: “Via gli steccati politici, ideologici e campanilistici”

Che non fosse facile era fin troppo evidente, che sorgessero controdeduzioni di carattere certamente non tecnico poteva essere immaginabile. E, d’altronde, “avevamo messo in preventivo le difficoltà e le obiezioni che potevano nascere”. Bruno Rosi sembra deciso ad andare avanti nel progetto di fusione anche dopo gli stop degli ultimi due giorni e si dice “contento di aver stimolato il dibattito” e di riscontrare “la consapevolezza dell’importanza, dell’attualità e dell’ineludibilità dell’argomento”. Ringrazia “i sindaci che hanno preso posizione” e spiega che “il traguardo non è utopistico e se si concretizzasse avrebbe una valenza storica e aprirebbe grandi prospettive”. E’ un’introduzione soft, forse utile a mettere in chiaro che non è il caso di creare scontri fra paesi e idonea ad agevolare il passaggio nel quale il primo cittadino di Serra San Bruno ostenta sicurezza sul fatto che se gli abitanti dell’area interessata “fossero chiamati ad esprimersi in merito mostrerebbero uno spirito positivo”. Gradualmente emerge la volontà di illustrare le proprie ragioni replicando alle schiette dichiarazioni degli omologhi. Rosi sottolinea, infatti, che “non si vedono reali motivazioni circa la perplessità sulla selezione dei futuri attori politici” e specifica che “il progetto è talmente ampio ed ambizioso da consentire la formazione di una classe dirigente innovativa e rappresentativa dell’intero territorio”. Tradotto vuol dire che i timori di una sostanziale predominanza dei politici di origini serresi nelle ipotetiche competizioni elettorali amministrative sono infondati. Più marcata è poi la successiva considerazione: “trovo alquanto strana – asserisce il capo dell’esecutivo della cittadina della Certosa – la presa di posizione di Barbara poiché in precedenza si era detto disponibile ed entusiasta su questo progetto, rammaricandosi, nel corso di una trasmissione radiofonica in cui eravamo presenti entrambi, della sua scelta sul dimensionamento scolastico”. Non manca, infine, un invito rivolto ai sindaci di Brognaturo, Spadola e Simbario “ad approfondire questo tema andando oltre gli steccati politici, ideologici e campanilistici”.

Rosi: “La fusione fra Serra, Spadola, Brognaturo e Simbario è un percorso da attuare”

L’idea di una fusione fra Comuni lanciata dal Redattore è entrata di forza nell’agenda politica di diversi amministratori calabresi. E dopo Giuseppe Pitaro e Gregorio Tino, è Bruno Rosi ad esprimersi in merito, riconoscendo i benefici generati da un’operazione di aggregazione. Il primo cittadino ha intenzione di muoversi subito predisponendo i passaggi necessari per allargare l’area della condivisione e per costruire qualcosa di concreto. Ad essere parte attiva, oltre a quello di Serra San Bruno, sarebbero i Comuni di Spadola, Brognaturo e Simbario. È una prospettiva quasi naturale: un pugno di chilometri separa i loro centri storici; le loro tradizioni e la loro cultura si sovrappongono e si intersecano; la popolazione complessiva è di poco meno di 10 mila abitanti. Gli obiettivi da raggiungere, che sono quelli di “ottimizzare la gestione dei servizi” e di ottenere più congrui “trasferimenti erariali”, paiono poter prevalere sulle rinunce in termini di autonomia, che sono considerate marginali. “Già in precedenti occasioni – afferma il capo dell’esecutivo della cittadina della Certosa – avevo avviato una discussione preliminare su questo argomento con i sindaci di Spadola e Brognaturo, ora quel discorso può essere ripreso”. I tempi sembrano maturi e Rosi sostiene di avere l’intenzione di farsi “promotore di un nuovo incontro, coinvolgendo anche il sindaco di Simbario, per verificare la sussistenza dell’effettiva volontà in questo senso, per adottare idonee iniziative per informare le comunità ricadenti in questo ambito e per approfondire il pensiero dei cittadini”. Nella fattispecie del comprensorio delle Serre vibonesi ci sono poi rilevanti aspetti specifici perché, come spiega Rosi, “la fusione ci consentirebbe di adottare efficaci strumenti per avviare un vero ed armonico sviluppo del territorio e, in particolare, per valorizzare e sfruttare correttamente l’immenso patrimonio boschivo”. Le ricadute, dal punto di vista economico, sarebbero dunque consistenti visto che ai risparmi derivanti dalla riduzione dei costi di amministrazione si sommerebbero potenziali forme di guadagno scaturenti dall’attuazione coordinata di piani di crescita. Maggiori risorse che potrebbero trasformarsi in un migliore funzionamento degli Enti (o meglio, a quel punto, dell’Ente), in più occasioni per il rafforzamento dell’apparato produttivo e per la creazione di posti di lavoro.

Serra: Rosi vuole la riconferma, ma Salerno pensa ad un'alternativa

SERRA SAN BRUNO – “La giunta è morta, viva la giunta”. Ci piace parafrasare il detto “Le Roi est mort, vive le Roi!”, che era uno tratto distintivo della monarchia francese per dire che la fine era il principio, che l’idea continuava a camminare su gambe nuove, giovani, guerreggianti. Era insomma un inno di gioia e di vita. Il sindaco, Bruno Rosi, deve pensarla allo stesso modo se, dopo aver fatto dimettere i suoi assessori in nome di un rinnovamento e averne restaurato alcuni, pensa che il ricambio dei giovani guerreggianti possa portare l’esercito forzista verso la vittoria alle comunali del prossimo anno. La situazione politica della maggioranza, per dirla con Ennio Flaiano «è grave ma non è seria» e le vicende degli ultimi giorni rischiano di compromettere il cammino politico dell’intera compagine che sostiene il primo cittadino serrese, ma soprattutto il suo futuro di amministratore. I mal di pancia, in attesa che venisse partorita la nuova giunta, sono stati di molti e le doglie si sono protratte per quasi tre mesi. Poi finalmente il sindaco ha trovato la quadratura del cerchio e ha dato un nuovo esecutivo alla cittadina. Il sindaco è stato chiarissimo, aspira alla sua riconferma nella candidatura a primo cittadino per le prossime comunali e lega questa sua legittima pretesa al raggiungimento di due obbiettivi: la soluzione del problema dell’acqua e la fine della sospensione della vendita dei lotti boschivi che, portando una boccata di ossigeno alle casse comunali, possa dare nuovo vigore all’azione amministrativa. Se cosi non dovesse essere, Rosi sarebbe pronto a farsi da parte. Per il dopo Rosi, però, il dominus politico, il consigliere regionale Nazzareno Salerno, non avrebbe in mente nessun nome e starebbe aspettando che la situazione si chiarisca, prima di procedere ad una eventuale consultazione con la maggioranza. Ma nuove nuvole grigie si addensano sull’orizzonte della guarnigione forzista. L’estromissione dalla giunta, l’ex assessore Carmine Franze, non l’ha mandata, proprio, giù ed è convinto di pagare il prezzo per l’abiura della fede salerniana e la sua appartenenza alla minoranza interna del partito di Berlusconi che fa capo al consigliere regionale Giuseppe Mangialavori. Tuttò ciò, secondo i bene informati, potrebbe portare la minoranza interna a chiedere, per le prossime comunali, la costituzione una lista civica a discapito della scelta di quella di partito, e nell’ipotesi più estrema, non escludono che possa partecipare a qualche altra lista civica anche contraria ai fratelli berlusconiani.

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Serra: I quattro nomi del Pd per il dopo Rosi

SERRA SAN BRUNO – I censoriani più ortodossi lo ripetono come un mantra: “Il vecchio centrosinistra è morto il 4 novembre del 2010”. Già, perché la storia di quello che starebbe per tornare come “nuovo centrosinistra”, inizia proprio in quella data, quando, l’ex sindaco Raffaele Lo Iacono fu defenestrato dalla componente censoriana che si unì all’opposizione salerniana dimettendosi dal consiglio comunale. Poi un continuo rimbalzare di accuse, scuse, andate e ritorni. A poco più di un anno dalle prossime comunali il “nuovo centrosinistra” si starebbe ricompattando per dare vita ad una coalizione nella quale la parte del leone la farebbe il Partito democratico. Lo scopo è chiaro: vincere le elezioni e tornare alla guida del paese dopo la parentesi di centrodestra. Ma non sarà facile. Se da un lato, il centrosinistra sarebbe quasi ricompattato, dall’altro mancherebbero molte cose che allo stato ai democrat non tornano. Del nuovo progetto fanno parte due politici del vecchio: Pino Raffele e Raffaele Lo Iacono, che fuoriusciti dopo lo strappo, successivamente ne hanno fatto rientro, ponendo, peraltro, veti incrociati dell’uno sull’altro. Proprio cosi, perché il punto centrale sul quale l’accordo sarebbe lontano è la candidatura a sindaco. Su questo punto tre sarebbero gli aspiranti candidati a sindaco: Vincenzo Damiani che, non facendo mistero circa le sue aspirazioni, avrebbe posto la questione in termini perentori; Domenico Dominelli, politico di lungo corso che, confidando nella simpatia degli ex Ds, avrebbe sostenuto che il candidato a sindaco dovrà essere scelto dal partito; infine vi sarebbe poi – il condizionale è d’obbligo - l’ex assessore comunale della ex giunta Lo Iacono, Maria Abronzino, che sarebbe sponsorizzata dall’elettorato centrista degli ex Margherita. Se cosi fosse, ci sarebbe, quindi, un ritorno al passato e nessun rinnovamento. Per questo si potrebbero acuire i contrasti proprio con Raffele e Lo Iacono che il rinnovamento lo hanno subìto. Nel suo nome infatti – si pensi alla candidatura a sindaco della giovane professionista Rosanna Federico -  si consumò definitivamente lo strappo che portò entrambi su una strada diversa rispetto a quella di Censore. Come uscire dall’impasse? A questo punto il deputato, Bruno Censore, avrebbe due strade: la prima, quella d’indicare una persona della società civile, qualche giovane professionista proprio sulla scia di quel rinnovamento incominciato alcuni anni fa, tanto più se fosse un’altra donna; la seconda, indicare d’imperio quale candidato a sindaco il segretario cittadino del Pd Paolo Reitano. Una candidatura, non soltanto di servizio, ma, anche, di rinnovamento in grado, forse, di mettere a tacere i mal di pancia democratici.

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La ‘prima’ del vicesindaco Callà: “Pronto a contribuire alla crescita della comunità”

SERRA SAN BRUNO – Sulle sue spalle grava una grande responsabilità. Perché è la figura chiamata a dare slancio ad un’amministrazione comunale che stava arrancando, perché la sua nomina è stata fortemente voluta dal capo dell’esecutivo Bruno Rosi, perché è l’uomo nuovo non avendo avuto finora compiti di gestione diretta. Raffaele Callà ha accettato la sfida, consapevole delle difficoltà ma anche voglioso di dimostrare che una ripartenza – più determinata, più convinta, più efficiente – è possibile. Subentrato a Bruno Zaffino, coraggioso per non essersi tirato indietro di fronte alla notizia dell’arrivo della commissione d’accesso, ‘bruciato’ dai suoi colleghi quando è stato candidato alla carica di consigliere provinciale, è stato per oltre due anni ‘in panchina’. Ha fatto sentire le sue ragioni, ha saputo attendere il suo momento mitigando la delusione e l’amarezza per l’esito delle elezioni di secondo grado di settembre con quella pazienza e quel senso della misura che, a volte, sono mancati agli altri inquilini del palazzo municipale di piazza Carmelo Tucci. Ora è finalmente pronto a fare il suo ingresso in campo da protagonista. “È un incarico prestigioso – dichiara in merito alla designazione a vicesindaco – che impone attenzione, serietà, lungimiranza ed equilibrio. Metto a disposizione le mie competenze per dare impulso all’azione amministrativa e per rafforzare il processo di crescita economica e sociale della nostra cittadina”. C’è poi un passaggio volto a riconoscere l’importanza del pieno coinvolgimento degli esponenti che compongono la maggioranza: “sono sicuro che tutti  i membri di questa squadra offriranno, ognuno secondo le proprie esperienze, le proprie conoscenze e l’energia delle proprie idee, un apporto rilevante. La collaborazione sarà un elemento caratterizzante ed essenziale per centrare tutti gli obiettivi”. Callà non dimentica inoltre di “ringraziare il sindaco per la fiducia che mi ha concesso e che cercherò di ripagare con un impegno costante per realizzare progetti di ampio respiro per la nostra comunità. A mio avviso – conclude – ci sono le condizioni per creare prospettive positive per Serra”.

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Tassone sulla giunta: “Riproposti assessori inadeguati”

SERRA SAN BRUNO - Non ci sarebbero novità di rilievo, sintomi di cambiamento o miglioramento dopo il rimpasto di giunta effettuato dal sindaco Bruno Rosi. Potrebbe essere riassunto così il pensiero di Mirko Tassone sull’esecutivo e, infatti, il consigliere di minoranza ricorre a quello che definisce “un clamoroso falso storico” per descrivere le modalità di superamento dell’impasse adottate per arrivare ai nuovi equilibri. “I detrattori del Regno delle Due Sicilie – ricorda al proposito l’esponente della lista ‘Al lavoro per il cambiamento’ - narrano che il regolamento della marineria borbonica prevedesse che ‘All'ordine Facite Ammuina': tutti chilli che stanno a prora vann' a poppa e chilli che stann' a poppa vann' a prora: chilli che stann' a dritta vann' a sinistra e chilli che stanno a sinistra vann' a dritta: tutti chilli che stanno abbascio vann 'ncoppa e chilli che stanno ncoppa vann' bascio passann' tutti p'o stesso pertuso: chi nun tene nient' a ffà, s' aremeni a 'cca e a 'll à. Con 'Facite Ammuina' si indicano, quindi, coloro i quali fingono di darsi da fare”. A suo avviso, sarebbe stato proprio questo il criterio adottato dal primo cittadino per disegnare la nuova giunta nella quale sono stati riproposti “assessori precedentemente estromessi” con il compito di “rilanciare l’azione amministrativa”. Una contraddizione che riconfermerebbe le tesi dell’opposizione sugli errori di chi amministra la cittadina della Certosa. In pratica, secondo Tassone, è “la dimostrazione che il sindaco o ha sbagliato prima, o sta sbagliando adesso”. Non esente da critiche è “la scelta del presidente del consiglio in pectore che, dopo aver minacciato fulmini e saette, è ritornato, tomo tomo, dove stava cinque mesi fa”. Il consigliere d’opposizione cerca poi di comprendere “le motivazioni che hanno giustificato il defenestramento” di Carmine Franzè che non sarebbero  “di carattere amministrativo” in quanto “la scelta di sacrificare Franzé non può essere motivata con un’eventuale deficienza in termini di produttività, poiché, in tal caso, il sindaco avrebbe dovuto sfiduciare, per primo, se stesso”. Le ragioni sarebbero, invece, da ricollegare alle “recenti elezioni regionali” e, in particolare, “la decisione di sposare la causa di un candidato diverso rispetto a quello sostenuto dal resto della maggioranza, molto probabilmente, deve aver reso Franzé reo della più capitale delle colpe, quella di lesa maestà”. Tassone precisa comunque di non avere “alcun desiderio d’entrare nelle dinamiche interne ai forzisti serresi”, ma non rinuncia a rilevare come “la ‘nuova’ Giunta sia stata composta, non sulla scorta del merito, delle competenze e delle capacità, ma solo sulla base dell’apparente fedeltà al capo”. “Ad un anno di distanza dalle elezioni per il rinnovo del consiglio comunale – afferma Tassone - era lecito aspettarsi qualcosa di più che la riproposizione, quasi integrale, di assessori che hanno dato ampia prova della loro inadeguatezza. Tuttavia – conclude rinnovando le negative valutazioni sulla controparte - il sindaco non ha stupito nessuno. Ancora una volta, ha scelto di rimanere fermo, immobile, probabilmente, nella consapevolezza che ha a disposizione, ancora, un anno per completare l’opera di fare di Serra lo zimbello del circondario”. 

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