La Strada Statale 106 ”Jonica”, dalla calda Calabria al freddo Canada

La statale 106 “Jonica” rappresenta anche la storia e la tradizione di un popolo e di una regione, una strada che collega l’intera fascia jonica della Calabria e che racconta amicizie e nostalgie di chi vive ormai lontano. Questa volta la 106 balza agli onori della cronaca, non per fatti dovuti ad incidenti stradali o altri eventi poco felici, ma per una bella storia: due ragazzi, fratello e sorella, Domenic e Francesca Spadafora, innamorati della loro terra di origine, hanno deciso di portare il marchio di questa famosa strada calabrese fin nel lontano  Canada. Si comprende benissimo come questi due intraprendenti ragazzi ne siano rimasti affezionati, questa è la strada che percorre il tratto costiero italiano, considerato tra i litorali più affascinanti e spettacolari del mondo, per chiunque visiti queste zone è impossibile non innamorarsene, è una raccolta di colori, profumi, storia, arte, cultura e gastronomia, ma soprattutto di tradizioni. E così, tra le numerose famiglie emigrate all’estero, loro hanno pensato bene di esportare, non prodotti enogastronomici oppure tradizioni artigianali, ma il cartello stradale della famosa ‘S.S. 106 Jonica’. Domenic Spadafora è nato nel 1985 in Canada da genitori di origine calabresi (il padre Antonio originario di Stalettì, ridente località della costa jonica catanzarese e la madre Sabina, originaria invece di San Giovanni in Fiore, famosa località dell'Altopiano Silano),  con sua sorella Francesca ha avuto l’idea di intitolare il suo locale ‘SS 106 Aperitivo Bar’, ubicato ad Alberta, una provincia del Canada occidentale, sul versante est delle Montagne Rocciose, confinante con il Montana (USA) a sud e la Columbia Britannica ad ovest. Quella di Domenic e Francesca è una storia di  intraprendenza, nata da un’idea semplice all’apparenza, ma che dietro di sé ha costanza, tenacia ed una buona dose di artigianalità propriamente italiana, come due veri pionieri, sostenuti in questa esperienza dai loro genitori Antonio e Sabina.

 

Quando avete deciso di aprire questo locale e in che modo è nata l'idea di chiamarlo ‘SS 106 Aperitivo Bar’ ?

Il sogno mio e di mia sorella Francesca è stato da sempre quello di aprire un bar/ristorante,  e volevamo soprattutto che fosse un posto italiano, autentico e moderno. L’idea di chiamarlo ‘SS 106 Aperitivo bar’ è  nata perché i nostri genitori sono calabresi. Noi da sempre abbiamo trascorso le nostre vacanze in Calabria, è la nostra terra, e quella è proprio la strada che percorriamo per arrivare nei bellissimi posti di mare, da lì si ammira un panorama spettacolare che noi portiamo sempre negli occhi e nel cuore! Riteniamo che il nome scelto sia perfetto per il nostro concetto di locale ‘made in italy’. Vogliamo far conoscere ai canadesi il vero stile di vita italiano come anche ai tanti immigrati italiani che vivono qui in Canada. Ci sono tanti e Calabresi che  negli anni '50, '60 e '70 sono andati via dalla propria terra in cerca di lavoro e non sono mai ritornati. Io e la mia famiglia  siamo davvero orgogliosi delle nostre origini, noi siamo prima di tutto italiani e poi canadesi. Chi verrà nel nostro locale potrà conoscere e apprezzare  molti prodotti di qualità,  Il cibo in Italia è incredibile ed ormai è famoso in tutto il mondo, ma la maggior parte delle persone qui ancora non conosce la vera cucina calabrese e soprattutto la convivialità che la caratterizza, l'aspetto sociale dello stile di vita al sud è sorprendente, sono tutti ospitali, se parti col prendere un aperitivo con un amico alla fine si trasforma in una festa, perché tutti vogliono offrire e socializzare.

 

Avete già avuto esperienze nel settore della ristorazione?

Mia sorella Francesca è nel settore della ristorazione / bar da ben  12 anni. Anche io ho avuto diverse esperienze, ho fatto diversi tipi di lavoro ed ho viaggiato molto. Vorremo che nel nostro bar le persone si sentissero a proprio agio, come se stessero a casa di un amico. 

 

Cosa vi manca di più della Calabria quando siete lì in Canada?

Manca tutto. La gente, il cibo, la spiaggia, la nostra famiglia e le serate con i nostri amici. Noi seguiamo molto anche le notizie che giungono dall’Italia e ci rattrista sapere che tanti giovani sono costretti ad andarsene pe via per il problema del lavoro.

 

Pensi che da questa idea possa potrà nascere una catena di locali di ‘SS 106 Aperitivo Bar'?

In questo momento stiamo pensando solo ad avviare nel migliore dei modi il nostro  bar, non pensiamo ad un franchising ma un domani chi lo sa? Magari proprio in Italia!

 

Come sai le strade a volte sono anche pericolose e la SS 106 è anche teatro di incidenti, in Italia è nata una campagna di sensibilizzazione di Anas e Polizia Stradale per sensibilizzare soprattutto i ragazzi sulla sicurezza stradale, sulla pericolosità dell’uso dello smartphone alla guida, anche lì in Canada ci sono azioni di questo tipo?

Si anche qui, c’è molta attenzione sulla sicurezza stradale, quotidianamente vengono presentate campagne di sensibilizzazione per far capire ai giovani l’importanza della sicurezza alla guida,  le multe qui sono salatissime e  personalmente sto molto attento, devo ricordarmi quando torno in Canada che  la guida è a destra, e , come in Italia le cinture di sicurezza sono obbligatorie sia per il guidatore che per i passeggeri.

 

So che parteciperete alla nostra campagna #guidaebasta divulgando nel vostro bar l’iniziativa di Anas e Polizia Stradale?

Per noi è un onore partecipare anche in piccola parte alla divulgazione della vostra campagna di sensibilizzazione sulla sicurezza alla guida, abbiamo già affisso la locandina nel nostro locale! Il nostro bar è molto frequentato soprattutto da giovani e questa iniziativa aiuta a capire quanto sia importante non abbassare mai la guardia quando si è alla guida, una minima distrazione può costare la vita e quindi non sono ammesse distrazioni, i selfie li rimandiamo ad altri momenti, ben più divertenti!

I mafiosi scarcerati ed il silenzio degli indecenti

C’erano due mafiosi in gattabuia: benissimo. Ora i due mafiosi sono a spasso. Hanno segato le sbarre? Hanno trovato un cunicolo come il futuro conte di Montecristo? Ma no, sono usciti dalla porta principale con tante scuse, perché il magistrato ha lasciato scadere i termini e non ha depositato la sentenza. Quali le cause? Beh, spero che gli ispettori le appurino e le rendano pubbliche. Certo che a me viene da ridere amaramente. Qui voglio però elencare coloro i quali, solitamente loquaci come un congresso mondiale di pappagalli, gazze e merli, sono stati colti da improvvisa afonia, e non hanno espresso il benché minimo commento:

-          Bindi Rosi, la commissione antimafia e i suoi consulenti, così facondi di parole sui gatti di Platì;

-          I deputati, senatori e consiglieri regionali e i sindaci, eccetera;

-          Bova Arturo e la commissione anti ‘ndrangheta;

-          Musella Adriana;

-          La sua università antimafia di Limbadi;

-          L’università di Cosenza, quella vera;

-          Il suo misterioso corso di laurea della resistenza;

-          Don Ciotti, don Mazzi eccetera;

-          I professori dei progettoni antimafia;

-          Gli scrittori antimafia, con particolare riferimento a Gangemi;

-          La magistratura: nobile eccezione, Nicola Gratteri che è andato giù pesante.

-          L’avvocatura;

-          Eccetera.

 Perché ho dimenticato la Giunta di Alto Profilo? Perché il suo unico pensiero è nominare primari nella sanità. Intanto i mafiosi, mentre passeggiano, esprimono sentimenti di sincera gratitudine.

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La Calabria al quarto posto nella classifica del "mare illegale"

E’ impietoso il rapporto “Mare Monstrum” 2016 pubblicato da Legambiente. Il documento che descrive la situazione delle coste italiane, traccia un quadro a tinte fosche soprattutto per la Calabria, posizionata al quarto posto nella poco lusinghiera graduatoria del “mare illegale”. Le sanzioni accertate, culminate in 1.830 arresti o denunce, sono state 1.838, ovvero il 10% del totale nazionale. Peggio della Calabria hanno fatto solo il Lazio (1.920 infrazioni), la Sicilia (3.021 infrazioni) e la Campania (3.110 infrazioni). Ancor più allarmante il dato relativo alla cementificazione (il primato spetta alla Campania) dove, con 593 violazioni  pari al 13,2% del totale, la Calabria ha conquistato il secondo gradino più alto del podio. Nella gran parte, i reati legati alla cementificazione, che hanno portato all’arresto o alla denuncia di 560 persone, sono stati compiuti per costruire case, stabilimenti turistici, hotel, villaggi vacanza ed altre infrastrutture private sul demanio marittimo o in aree vincolate. Tra i casi che, su scala nazionale, occupano i primi 5 gradini  dell'abusivismo edilizio, Legambiente inserisce l’area del parco archeologico di Capo Colonna, a Crotone, “dove – si legge nel rapporto - ci sono 35 costruzioni abusive. si tratta di case sotto sequestro dalla metà degli anni novanta che sopravvivono indisturbate alle ruspe e la loro presenza, oltre a impedire l’estensione del parco a tutto il sito archeologico, testimonia l’inerzia della pubblica amministrazione che, nonostante la confisca definitiva, non si decide a buttarle giù. Già nel 2009 la Goletta verde di Legambiente ha consegnato al sindaco la Bandiera nera, il vessillo che ogni anno assegna ai ‘pirati del mare’, coloro che a vario titolo si rendono colpevoli o complici di gravi vicende di illegalità ai danni delle coste e del mare. Neanche questo è servito a riportare giustizia in quell’angolo di Calabria: uno dei peggiori sfregi al paesaggio, alla storia e alla cultura italiana è ancora lì. Una vicenda giudiziaria che inizia nel 1995, quando il pretore dispose il sequestro di centinaia di metri cubi in cemento armato sorti su una delle aree archeologiche più vaste d’Europa nel silenzio degli amministratori locali. Nel febbraio del 2004 la prima sentenza nei confronti di 35 proprietari: assoluzione per prescrizione del reato, ma confisca 12 degli immobili. Quelle case, dunque, sono e restano abusive. Il lungo iter giudiziario si è concluso, ma la vergogna di cemento, fatta di villette, condomini, scalinate a mare e cortili resta intatta. Il problema, secondo il Comune, starebbe nel fatto che le case sono abitate e l’intervento delle ruspe creerebbe problemi di ordine pubblico. Un alibi che suscita non poche perplessità. Soprattutto se si considera che ad aprile del 2012 lo stesso sindaco che teme i disordini nella zona archeologica, dopo 14 anni dalla confisca, ha fatto sgomberare coattivamente una palazzina - sempre a Capo Colonna - di proprietà di una famiglia della ‘ndrangheta. Un intervento riuscito impiegando uno squadrone composto da carabinieri, polizia, vigili urbani e vigili del fuoco. Dopo aver fatto uscire gli occupanti, ha addirittura provveduto alla rimozione di mobili e suppellettili con una ditta di traslochi e fatto staccare elettricità e acqua dalle aziende fornitrici. Non è certo mancata la resistenza delle famiglie, ma in poche ore tutto si è risolto come deciso. Un miracolo? Un colpo di fortuna? Ci piacerebbe che il primo cittadino tentasse la sorte anche con lo sgombero delle vergognose ville nel Parco archeologico”.

“Dal Sebèto al Faro”, Cesare Malpica e la scoperta della Calabria

Troppo intenti a coltivare la passione esterofila, il più delle volte, nel richiamare le avventure di viaggiatori in Calabria, ci si limita a citare le considerazioni, non sempre indulgenti, dei “turisti” anglofoni o francofoni dell’Ottocento. Poco importa, poi, se il loro giudizio sugli italiani in generale sia tutt’altro che benevolo ed obiettivo. Come evidenzia l’anglista Andrea Cane nel suo saggio “Scoperta d’Italia”, non pochi scrittori inglesi descrivono gli italiani come "sporchi, indolenti, criminosi". Ancor più tranciante, poi, il giudizio sui calabresi e la Calabria. Famoso il commento del francese Creuze de Lesser, nel suo, “Voyage en Italie” nel quale annota: " L’Europe finit à Naples et meme elle y finiz assez mal. La Calabre, la Sicilie, tout le rest est de l’Afrique". Nonostante, tali pregiudizi, però, capita spesso di sentir citare, attraverso la letteratura specialistica, soltanto gli innumerevoli luoghi comuni con i quali è stata descritta la Calabria. In questa sorta di ansia di apparire peggio di come siamo e di come eravamo, si dimentica o si disconosce un’opera che descrive un’altra Calabria. Una “guida”, forse la prima della nostra regione, nella quale viene tratteggiata un’altra verità ed un’altra dimensione. A scriverla, la penna versatile e prolifica di un giovane rampollo “napoletano”, figlio di un ufficiale borbonico, nato a Catanzaro, Cesare Malpica che, nel 1844, intraprende un viaggio, descritto, l’anno successivo, in volume, pubblicato a Napoli, con il titolo “Dal Sebèto al Faro”. Un titolo che è un compendio dell’itinerario seguito nel corso del viaggio. Il Sebèto era, infatti, l’antico fiume che solcava la capitale partenopea, mentre, il Faro, era quello distrutto dal terremoto del 1908 che rappresentava la linea di demarcazione tra i territori del regno di Napoli. Prima della partenza, amici e conoscenti tentano di dissuaderlo, ripetendogli con insistenza che ad attenderlo avrebbe trovato: "monti orribili, strade impraticabili, masnadieri feroci paesi desolati". Una descrizione tratteggiata da chi in Calabria non c’era mai stato: "Ella v’andò – chiede Malpica – Io le veggo col pensiero quelle terre – è la risposta". Nonostante i racconti che fanno pensare ad una realtà selvaggia e mal sicura, Malpica s’imbarca sull’ “Ercolano”, un battello a vapore che lo condurrà in Calabria. Già la prima impressione, fuga i dubbi e smentisce le tetre previsioni degli amici. Nel corso del viaggio, visita Cosenza, città dai "pittoreschi casali" e Catanzaro, con il "magnifico" Duomo. Lungo la strada che conduce a Monteleone, l’attuale Vibo Valentia, s’imbatte, invece, in una scena che tratteggia in un pittoresco quadro di costume: "veggo giungere un carro […]. Sotto la tenda mollemente adagiati sovra cuscini seggono tre donne, un uomo e un fanciullo. Vengono dietro due asini con casse e materassi. Li guida un piccolo atleta, co’ sandali, colle brache nere a mezza gamba, col petto nudo, colle gote abbronzite, colle labbra sorridenti: un picciol tipo di forza, e d’intelligenza. Si fermano, scendono, tuffono nell’acqua il viso e le mani. Vi gettano dentro un mellone e quando è rinfrescato sel mangiano accompagnandovi del biscotto". A Monteleone viene colpito dalle «strade ampie e dritte» e dagli "edifizi nobilissimi". A Rosarno sente i racconti sui briganti e sul «terribile» Bizzarro, mentre, lungo il percorso che lo conduce a Reggio scrive, "è tutto un giardino, di aranci, di cedri, di bergamotti, di gelsi, di palme, di fichi, di viti e di ricini". Il lungo viaggio termina in riva allo Stretto, nella Reggio definita la "bellissima". La Calabria di Malpica appare, decisamente, diversa da quella descritta da molti autori abituati a viaggiare "come un baule, senz’ aver osservato e capito alcunché". Una Calabria dai "tramonti di fuoco", segnata da: "natura ubertosa e […] da un panorama giammai monotono». In altri termine, una regione che, ieri come oggi, non può essere descritta da "una classe di gente che fingendo d’aver veduto ciò che non vide vi da con viso imperturbato i suoi sogni come storia vera: ve n’ha un’altra che ripete ciecamente ciò che gli altri dice".                                                                                                                                                          

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Calabria ultima: il vuoto morale e culturale della base

Non temete, amici lettori: anche quest’anno il primato della Calabria non teme rivali; e siamo sempre gli ultimi d’Italia. Dati ufficiali, mica battute da comizio. Sarebbe troppo facile ridurre il problema alla classe politica. Vero, abbiamo avuto e abbiamo quasi solo politici incapaci, incapaci anche di rubare; e stanno lì per lo stipendio. Vero; ma i politici calabresi non scendono da Marte; sono calabresi come noi, si candidano in Calabria, vengono eletti da elettori calabresi, i quali li conoscono bene, e li votano lo stesso. E li votano liberamente, a parte qualche condizionamento in qualche paesello sperduto. E allora il problema sono i Calabresi. La notizia che la Calabria è l’ultima non mi è stata comunicata in segreto all’orecchio; l’avranno sentita o letta tutti; e non mi pare che la popolazione sia insorta, stia protestando, stia proponendo, stia facendo una cosa qualsiasi. I politici, alla fine, dovrebbero essere gli esecutori pratici di un pensiero, di qualche idea. Ecco, quelle che mancano sono proprio le idee. Abbiamo in Calabria tre università statali e una mezzo mezzo. Esse sono zeppe di professoroni (titolari, pochissimi; ma sorvoliamo). Nessuno di questi dotti ha mai espresso un parere, fornito un’analisi, delle proposte… Tutti zitti come la notte. Lo stesso per le scuole. Quando dico analisi e proposte, penso cose serie, non fantasticherie del tipo “con Gioia Tauro diventeremo tutti ricchi”: applausi, copie vendute, e ci sono 500 in cassa integrazione, finché dura. Ci sono intellettuali che sanno tutto su come combattere la mafia, però niente di agricoltura, pastorizia, miniere, industrie, artigianato, commerci, strade, turismo, storia, cultura in genere… C’è una Chiesa che, per sua natura, dovrebbe avere chiaro il quadro dei bisogni e dei problemi della gente; e non spende una parola. Il giornalismo, con qualche lodevole eccezione, è fatto di pesci in barile, e non propone e non si oppone. I partiti, semplicemente non esistono, essendo ridotti a cartelli elettorali e liste; al loro interno, zero dibattito; e figuratevi se vi si elaborano opinioni. Le associazioni hanno palesemente finalità di assistenza… dei soci. Per tutto il resto, mute. I giovani… eh, i giovani! A parte che non ce ne sono, mai visti nella storia umana dei giovani così vecchi, così perbenisti, così conservatori come quelli di Calabria. E già, hanno pronta la valigia di cartone… no, che cartone? Il trolley di pelle e il biglietto dell’aereo. Nel vuoto morale e culturale della base, volete che proprio i politici si agitino? No di certo: a loro sta bene così, se nessuno li controlla e nessuno li disturba, e nessuno pretende che sudino a fare qualcosa. Stipendio e fine mese, e qualche discorsetto ogni tanto imparato a memoria. Ragazzi, la Calabria anche quest’anno è l’ultima d’Italia. Per ultimi d’Europa, ci stiamo impegnando.

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Soriero, Patruno e la matematica

Non ho niente contro Soriero; e assieme a Patruno ho tenuto diversi convegni in Puglia, e c’era, e lo ringrazio, quando ho fatto rappresentare nella Provincia, a Bari, il mio “Eleonora e Michelina”; e i meridionalisti che oggi imperversano erano all’asilo quando io lavoravo per la revisione storiografica, e posso esibirvi libri con editrice e data; e allora i vari Pino Aprile non li sentiva nominare nessuno manco a casa loro. Premessa necessaria a capire che qui io faccio solo un discorso di matematica; quella matematica che è sempre di più un’opinione. Soriero, per esempio, dimostra con i numeri, in un suo fortunato libro, che Gioia Tauro non solo è un porto ricchissimo, ma è e sarà la causa diretta delle attività dei porti di Trieste e Genova, e quindi della loro ricchezza. Con gli stessi numeri, scopriamo che a Gioia ci sono 500 (cinquecento) in cassa integrazione finché dura, poi a spasso; e ciò perché non arrivano navi. E non parliamo di Isotta Fraschini e fabbrica americana di superauto, il tutto solo a chiacchiere. La matematica è un’opinione? Patruno va dicendo che il Sud rinascerà e farà rinascere l’Italia, l’Europa, l’Occidente, il Pianeta, il Sistema Solare, la Galassia. Poi i numeri dicono che su circa 280 regioni europee, la Calabria, che è a Sud, è la terzultima; e dico terzultima. Che opinione, la matematica! Certo, che volete, un poco di ottimismo lo ordinano anche i medici ai morenti, perché, come si ascolta nella Traviata, “la bugia pietosa ai medici è concessa”. Questi illustri opinionisti non dicono bugie, intendiamoci: solo che vivono in un mondo dei sogni, nel quale si trovano a meraviglia. Gli Aprile, i Patruno e qualcun altro più anonimo volano tra le nuvole del passato, del tipo “Eravamo la terza potenza industriale del mondo”, e prima ferrovia, primo bidet, primo spremilimoni a vapore… Sconoscono ogni benché minimo evento politico dal Congresso di Vienna al Regno d’Italia (e anche prima e dopo… ), però sanno tutto del tal massacro… della tale locomotiva senza binari… Soriero, che si è formato con i versi del poeta Aragon “Les lendemains qui chantent”, vola invece nell’avvenire, tipo profezie che un giorno in un posto quasiasi scorreranno latte e miele, le spade diverranno aratri... Quando? Boh, è il bello delle profezie: in seguito… Perché ne parlo? Ma perché sia i sogni del passato sia quelli dell’avvenire sono nel Sud, per dirla con il vecchio Marx, una specie di oppio dei popoli alla pasta e sugo. Il meridionale, che è barocco nel linguaggio, ed hegeliano (senza sapere chi sia stato Hegel, ma non importa!), campa volentieri nelle illusioni del passato, magnogreco o pseudoborbonico che sia; e sogna volentieri il futuro demoliberale. Un futuro di posti fissi, ovviamente, di una Gioia Tauro come i ragazzi della via Pal: tutti ufficiali tranne il cane. Nell’universo onirico del calabromedio, Gioia Tauro è un gigantesco ufficio con 999 impiegati, e il più sfortunato, uno solo, fa l’operaio: malato, ovviamente, e in pensione anticipata. Così la matematica è un’opinione campata in aria.

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Vinitaly: a due vini calabresi il premio internazionale "5 Star Wines Award 2016"

Sono due i vini messi in bottiglia da case vinicole calabresi che si sono distinti al "5 star Wines Award". Il premio, assegnato durante il Vinitaly International Wine Award svoltosi dal 10 al 13 aprile a Verona, viene attributo ogni anno alle aziende che investono in ricerca e nel miglioramento qualitativo dei prodotti. Le due etichette entrate nella vetrina delle eccellenze enologiche del Belpaese sono: il Calabria IGP Nerello 2010, prodotto dalla società agricola Senatore Vini ed il Nerone di Calabria 2011 vinificato e messo in bottiglia dalla casa vinicola Criserà di Catona. Il primo, che ha ricevuto 92 punti (96 il punteggio massimo attribuito), è prodotto a Cirò Marina dagli eredi di Senatore, una famiglia di viticultori da quattro generazioni che vinifica le uve raccolte nei vigneti di sua proprietà. Il Nerone di Calabria 2011, cui la giuria ha assegnato 90 punti, viene prodotto invece con uve Sangiovese e Nerello Calabrese vendemmiate tardivamente.

Demeriti e incapacità: i motivi del disastro calabrese

Prendo le mosse dall’articolo denunziato dalla Lucarelli, quello con il brutto sedere di fuori. Afrodite Callipigia, dove sei? Non presentatemi alibi del tipo "ma è così in tutta Italia", o, più astuti "è la natura umana": in Calabria il trionfo del demerito non è un episodio o una somma di episodi, è un sistema generale. Da dove inizio? Dalla notte dei tempi, ma per me dal 1962, quando io frequentato la Terza Media, e lo Stato, in un impeto di generosità, concesse una borsa di studio, per avere la quale occorrevano due condizioni: reddito basso e un tema. Partecipo, e il mio tema risulta, con 47/50, il primo dell’intera provincia; quanto al mio reddito, stendo un velo pietoso. Mi danno 60.000 lire, che, all’epoca, erano una discreta cifra. C’è giustizia, a questo mondo, esclama Renzo dei Promessi Sposi. L’anno dopo, incoraggiato dal precedente, ripartecipo; e vinse il mio compagno XY, di condizioni finanziarie più che agiate, e che in vita sua non aveva mai scritto un tema che valesse più di sei, come dire 30/50. Era improvvisamente diventato povero e grande poeta; e mi rubò le 60.000 lire. La sua seguente carriera fu uno sviluppo logico delle ignobili preadolescenziali premesse. Ammesso avessi mai nutrito alcuna illusione, alla bella età di anni dodici, mi passò al volo. Ne ho viste, dopo…  Figuratevi la Regione Calabria, se mai poté rispettare alcun criterio di merito; tutt’altro, è il trionfo della demeritocrazia: uno peggiore è, più va avanti. Ed è un sistema: far sempre lentamente e maluccio, senza iniziative, senza dar fastidio alla pigrizia altrui; anzi aiutarsi a restare nel grigio anonimato. "Non firmare mai niente, figlio mio", disse a ciascuno di loro la mamma (lo disse in dialetto, aggiungendo, per esempio "nzamai li cani"), consigliando così di evitare ogni possibile guaio derivato dall’evidente incapacità di scrivere una pratica! Ed ecco perché si perdono i fondi europei. Le poche volte che si fa qualcosa, se c’è da nominare e pagare qualcuno, si sceglie non solo il raccomandato, ma soprattutto il mediocre, il poveraccio. Infatti, i poveracci si riconoscono e si soccorrono tra loro: e mai fare meglio di un altro, se no quello ci resta male! Perciò la Calabria genera da sempre stuoli di onesti mediocri, miti, tranquilli, posto fisso, noia… Con qualche rarissima eccezione, una volta ogni secolo. Ma se la Nazionale di calcio la dovesse formare un calabrese, state certi che schiererebbe undici claudicanti e miopi e invalidi civili, però potentemente raccomandati. In caso… no, in sicurezza di sconfitta venti a zero, se la piglierebbe con l’arbitro; gli intellettuali giacobini, con gli Spagnoli e i Borbone; i meridionalisti brilli e aprilati, con Garibaldi. Attenti, non è solo ingiustizia, che già sarebbe grave. È che dare incarichi e potere all’incapace raccomandato è la causa diretta del disastro calabrese. Politicanti incapaci, funzionari incapaci, passacarte incapaci: ecco perché la Calabria è l’ultima d’Europa! E la ragione profonda, mi spiace dirlo, è di natura antropologica. Peggio, il raccomandato incapace non può essere punito, sostituito, e nemmeno costretto a migliorarsi. E da chi, poi, se il suo superiore è altrettanto incapace e raccomandato? In Calabria non c’è solo il demerito, ma regna una genuina demeritocrazia!

 

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