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Calabria, turismo: il cuore non basta

 Era il non lontano 2009 e la Regione Calabria aveva scelto come testimonial Rino Gattuso la cui immagine giganteggiava su tutte le maggiori arterie della penisola. Lo slogan accattivante messo in bocca al campione mondiale di calcio era “ Noi ci mettiamo il cuore”. Sono stati in tanti, all’epoca, a chiedersi dell’utilità di una campagna pubblicitaria di tal maniera se poi la realtà era ed è ben diversa. Cosa è servito sponsorizzare anche la nazionale di calcio? Solo spreco di risorse pubbliche. È evidente che il cuore da solo non basta, ci vuole ben’altro, tanto ben’altro per far crescere la Calabria. Ricordo un testo del 1993, edito da Gangemi, di un tal B. Donato dal titolo Pianificazione del turismo che, ad un certo punto della trattazione, scrive: “…il turismo è determinato dall’azione complessiva e congiunta di diverse variabili territoriali cioè di qualità ed attributi fisici e culturali messi a disposizione dell’ambiente: la protezione e la riqualificazione dell’ambiente (naturale e antropico) rappresentano la condizione indispensabile per un reale, cioè, concreto sviluppo turistico.” Beh, le caratteristiche fisiche e antropiche nonché le risorse del territorio calabrese ben rispondono all’assunto dell’autore del libro. Infatti in Calabria sarebbe possibile (mi si passi il condizionale vista la precarietà mentale dei nostri amministratori, da quelli locali ai romani passando per Germaneto) una fruttuosa valorizzazione turistica delle componenti geo.ambientali (mare, monte, clima), di quelle storico-artistiche (dal magno greco ai nostri giorni passando per i normanni e gli svevi e il monachesimo calabro- greco) e di quelle produttive (artigianato, agriturismo, fiere, ecc.). E però il decollo turistico è reso difficile dallo stato di compromissione del territorio determinato dall’incapacità degli enti locali di esprimere ed imprimere una visione unitaria d’uso che colleghi i problemi della tutela dell’ambiente a quelli generali dell’armonico sviluppo sociale ed economico. Ricordo l’erosione delle coste e per la continua conurbazione lineare in riva al mare e quindi la cementificazione e per l’abbattimento di ogni sorta di vegetazione, l’invasione degli alvei di fiumi e torrenti con rifiuti ingombranti di ogni specie, come tristemente ci portano alla mente non solo gli eventi alluvionali delle ultime settimane ma anche le tragedie di Soverato e Crotone degli anni passati. Un piano d’insieme, come suggerisce Donato, consentirebbe a tutta la regione, e non solo a pochi spazi montani o rivieraschi che siano, uno sviluppo omogeneo. Innanzitutto le infrastrutture. Qualche esempio. Ancora langue, dopo più di mezzo secolo di progettazione, la Trasversale delle Serre che faciliterebbe la fruizione delle risorse storico–culturali e paesaggistiche di Serra San Bruno, Soriano Calabro, Mongiana, Torre Ruggiero e Nardodipace con i suoi megaliti raccordandosi con gli insediamenti balneari di Soverato e Copanello sullo Jonio e di Tropea, Pizzo e Capo Vaticano sul Tirreno. Il decollo turistico è di là da venire se tutta la costa ionica è attraversata dalla famigerata 106 (strada della morte) ed ancora da una linea ferroviaria a binario unico e non elettrificata e comunque ormai azzoppata vista la soppressione dei treni a lunga percorrenza verso il nord. E l’aeroporto Santa’Anna di Crotone? A singhiozzo e col ping pong di politici e amministratori non troverà mai felice soluzione alla faccia dei miliardi del vecchio conio spesi per la nuova aerostazione pomposamente dedicata a Pitagora. Il libro citato (sottolineo del 1993) recita: “il quadro complessivo non è confortante sia nel settore aereo che nei settori portuale [ aldilà di qualche sparuta nave da crociera], ferroviario e autostradale: per quanto riguarda quest’ultimo i programmi dell’Anas sono assolutamente inadeguati a fronteggiare i possibili incrementi di traffico sia leggero che pesante…”. E ultima cosa, ma non secondaria: la professionalità. La nostra regione offre una molteplicità di forme di turismo: montano, balneare, naturalistico, termale, religioso, speleolitico ed enogastronomico e le risorse sono davvero tante. Manca la professionalità nel settore della ricettività e ristorazione e non solo. Non si possono ancora gestire le stagioni turistiche con l’approssimazione. E attenzione: a poco o nulla servono le brochures o guide sfornate continuamente da Comuni, Province, Regione, Gal e Pro Loco che talvolta presentano anche inesattezze storiche e sono soltanto dispendio di denaro pubblico; non servono se poi il territorio illustrato è poco fruibile o mal gestito. Per non parlare della partecipazione alle varie Bit: solo gitarelle ben pagate dalla Regione. Insomma, uno spot, qualsiasi spot, anche se mettiamo in ridicolo i Bronzi di Riace, da solo non può bastare a rendere positivo un settore come quello del turismo. Andiamo oltre il cuore!

 

 

 

 

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