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Beato quel popolo che non ha bisogno di Selvaggia Lucarelli per ribellarsi alla mediocrità

Che sia stato un post pubblicato su Facebook da Selvaggia Lucarelli a fare aprire gli occhi ai calabresi non depone bene. Al contrario di quanto scritto nella serata di ieri dalla stessa opinionista a commento di una giornata segnata dalle infuocate polemiche divampate a causa del suo giudizio sferzante, non è un segnale che lascia ben sperare per il futuro di questa regione. Perché, se per smuovere le coscienze indignate, è necessario il richiamo pubblico proveniente dall'esterno, la conclusione non può che essere una ed una sola: il popolo calabrese è anestetizzato anche al più orrido degli spettacoli offerti dai suoi rappresentanti politici. Chiunque sia dotato delle basi elementari di buonsenso e spirito critico sarebbe nelle condizioni ideali per rendersi conto dello scempio quotidiano che della "cosa pubblica" viene fatto in Calabria da un'amministrazione regionale che ha fatto dell'incompetenza e dell'impreparazione autentici totem inviolabili. In realtà, questa è una verità di cui ciascuno di noi è ben consapevole e molto meglio sarebbe stato se ad accorgersi dello squallore della campagna pubblicitaria (?) apparsa sulla rivista della Ryanair non fosse stata l'attenta Lucarelli, ma uno qualsiasi fra i quasi due milioni di residenti in questa terra affamata, di lavoro e speranze, di futuro e normalità. A pesare come un macigno sull'anelito di riscatto della popolazione calabrese, in realtà,è molto di più la reazione, comica, patetica e ben oltre i confini del ridicolo, del presidente della Regione, Mario Oliverio, responsabile massimo di questa ennesima figuraccia. Non fosse altro perché, fino a prova del contrario, è lui ad avere trattenuto la delega al Turismo ed è quindi sulla sua persona che ricade la colpa della sciatteria conclamata nella brochure. Scaricare le colpe sulla burocrazia, che pure non rappresenta un modello da esportazione, costituisce una ulteriore prova a carico della viltà di un presunto leader che, evidentemente, tale non è. In verità, questa occasione potrebbe essere quella giusta per abbandonare, una volta e per sempre, l'ipocrisia imperante: continuare a crogiolarsi nelle magnificenze naturali che baciano la Calabria contribuisce a blindare gli alibi dietro cui ci nascondiamo. In fondo, peraltro a pagamento, cosa ci sarebbe da pubblicizzare? Forse il mare inquinato da offrire a turisti che, prima, si ritroverebbero a dover fare i conti con offerte poco concorrenziali sul mercato globale, per poi dover maledire la scelta a causa della presenza di acqua (nel migliore dei casi), non potabile? O magari, volgendo lo sguardo, potremmo pensare di propagandare in giro per il mondo le montagne di spazzatura che fanno da indecente contraltare alla straordinarietà di quelle meravigliosamente verdi della Sila, delle Serre o dell'Aspromonte? No, il sentiero dell'onestà intellettuale impone che non si coltivino illusioni truffaldine perché la regola aurea nel mercato turistico è quella di non ingannare gli ospiti e non sarà sicuramente la Commissione d'inchiesta (sic!) vigliaccamente ordinata dal buon Oliverio per fare luce sulla vicenda a rimetterci sulla strada giusta dell'orgoglio e della bellezza. 

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