Wanda Ferro (FdI): "Bisogna impedire i domiciliari a chi è al carcere duro"

«Dopo che il governo ha consentito l’apertura delle porte del carcere per i boss mafiosi, a chiedere di tornare a casa c’è anche Nicolino Grande Aracri, detto “mano di gomma”, capo dei capi della cosca di ‘ndrangheta di Cutro, egemone in Emilia Romagna».
 
È quanto afferma il segretario della Commissione parlamentare anfimafia Wanda Ferro (Fratelli d’Italia), che prosegue: «Lo Stato deve impedire che i vertici delle più importanti organizzazioni criminali possano tornare a casa con il pretesto del coronavirus. La tutela della salute e della sicurezza di ogni detenuto è un dovere dello Stato, ma è fin troppo evidente che chi è detenuto al 41bis, e quindi in una situazione di isolamento, non corre maggiori rischi di contagio rispetto a chi sconta la pena ai domiciliari. Invece anche il nuovo decreto varato dal governo lascia aperta ai magistrati di sorveglianza la possibilità di applicare la detenzione domiciliare ai boss mafiosi sottoposti al regime del carcere duro, dopo aver chiesto i pareri dei procuratori distrettuali e del procuratore nazionale antimafia “in ordine all’attualità dei collegamenti con la criminalità organizzata ed alla pericolosità del soggetto”.
Come se fosse ipotizzabile che un boss detenuto al 41bis possa non avere collegamenti con la criminalità organizzata o possa non essere più considerato pericoloso. È gravissima la decisione del governo  di scaricare sui magistrati di sorveglianza la responsabilità di poter scarcerare detenuti condannati per gravi delitti di criminalità organizzata, detenuti al 41 bis. Noi di Fratelli d’Italia ci batteremo, anche in sede di conversione, per chiedere la modifica del decreto».

Wanda Ferro (FdI) dice No alla scarcerazione dei boss per il rischio coronavirus

Il coronavirus non può diventare il pretesto per allargare le maglie della detenzione carceraria, soprattutto se a trarne beneficio sono potenti boss come Vincenzino Iannazzo, ritenuto capo della omonima cosca di Lamezia Terme».
 
È’ quanto afferma il segretario della Commissione parlamentare antimafia Wanda Ferro (FdI), dopo la notizia della scarcerazione di Iannazzo, decisa dalla Corte d’Assise d’Appello di Catanzaro, nonostante l’opposizione del procuratore generale, dopo che gli avvocati hanno sostenuto l’incompatibilità delle sue condizioni di salute con il rischio di contagio all’interno del carcere.
 
«Pur nel rispetto delle decisioni dei giudici, ritengo che non  si possa lasciare tornare a casa un boss mafioso, consentendogli di avere facilmente contatti con l’esterno e tenere le fila dell’organizzazione. Dopo una condanna a 14 anni e mezzo di carcere, ritengo insufficiente la detenzione domiciliare, seppur con l’applicazione del braccialetto elettronico: il rischio non è tanto quello della fuga del detenuto, ma quello di ridare impulso ad una organizzazione criminale potentissima e pericolosa, al cui contrasto negli anni hanno lavorato con impegno le forze dell’ordine e la magistratura. Si dovrebbero piuttosto predisporre in carcere tutte le misure mediche e sanitarie per garantire la salvaguardia dello stato di salute del detenuto che presenta un deficit immunitario».
 
«Noi di Fratelli d’Italia, con la nostra presidente Giorgia Meloni, ci siamo opposti con forza all’introduzione dell’articolo 123 nel decreto legge 18, una vera e propria norma 'svuota carceri' che dimostra l’incapacità e l’approssimazione del governo che, non riuscendo a garantire adeguate condizioni sanitarie negli istituti di pena, preferisce mandare a casa i delinquenti, vanificando il lavoro di chi ha lavorato e rischiato per assicurarli alla giustizia, e mettendo a rischio la sicurezza dei cittadini. Se pure è comprensibile incentivare la decisione di misure alternative idonee ad alleggerire la pressione delle presenze non necessarie in carcere - come rimarcato in un documento di indirizzo della Procura Generale della Cassazione - non si può consentire che ciò riguardi i delitti ricompresi nel perimetro presuntivo di pericolosità sociale, come appunto i reati di mafia, non solo per quanto riguarda l’esecuzione delle pene detentive, ma anche per l’adozione di misure cautelari. Poiché ai fini della valutazione sull'incompatibilità tra il regime detentivo e le condizioni di salute del condannato rileva anche la capacità dell’istituto di pena di assicurare mediante i propri presidi la necessaria assistenza al detenuto, il governo deve garantire l’adeguamento delle strutture all’emergenza in corso, non liberarsi del problema con un pericolosissimo 'tutti a casa!'».

Esce dal carcere con un permesso e compie tre rapine, arrestato

Tre rapine compiute ed una tentata, dopo il mancato rientro in carcere al termine di un permesso.

Queste le accuse che hanno portato all'arresto di Vito Merigo, di 28 anni.

Il provvedimento, emesso dal gip, è stato eseguito dagli agenti della Sezione contrasto al crimine diffuso della Squadra mobile di Reggio Calabria.

In particolare, Merigo è ritenuto responsabile di alcune rapine compiute o tentate, tra il 9 novembre e l'11 dicembre 2017, ai danni di un compro oro, di un supermercato e di una gioielleria.

La tecnica era sempre la stessa: il rapinatore si presentava con il volto parzialmente travisato da un cappellino, si avvicinava ai dipendenti lasciando all'ingresso un complice e poggiava una pistola sul bancone.

L'uomo è stato identificato, grazie alle riprese delle telecamere di videosorveglianza ed alle testimonianze rilasciate dalle vittime.

L'ordinanza è stata notifica in prigione, dove Merigo è attualmente detenuto per altra causa.

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Fratelli di Acquappesa finiti in carcere: beccati con quasi 3 kg di marijuana

Lo scorso sabato, due fratelli di Acquappesa sono finiti agli arresti domiciliari per esser stati beccati con quasi 2,5 kg di marijuana ,già essiccata e stipata in un bidone di plastica.

Lo scorso pomeriggio il Gip ha emesso ,a loro carico, due ordinanze di custodia cautelare in carcere, eseguite nella stessa giornata dagli agenti del commissariato di Paola, diretti dal dirigente Domenica Lanzaro: sono così stati condotti presso la casa circondariale della cittadina tirrenica cosentina, R.L. ed M.L., rispettivamente di 59 e 56 anni, che dovranno rispondere del reato di produzione, traffico e detenzione di stupefacenti in concorso.

Ricapitolando: lo scorso 3 marzo la polizia aveva setacciato stabili e le pertinenze utilizzate dai due, rinvenendo quasi tre chili di droga e strumenti per il suo confezionamento ed una bilancia di precisione.

In quell’occasione era stato denunciato anche un terzo fratello per  detenzione di 25 grammi di marijuana che avrebbe poi cercato di far sparire buttandola nel water. ED ancora, il box di R.L. si è scoperto venisse alimentato con luce ed acqua , quest'ultima prelevata abusivamente da uno stabile vicino e del Comune di Acquappesa.

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I primi 20 anni del carcere di Vibo, tra carenze di personale e problemi irrisolti

 La casa circondariale di Vibonese festeggerà domani i primi vent’anni dall’apertura.

A sottolinearne l’importanza, il segretario provinciale del Sappe (Sindacato autonomo polizia penitenziaria) Francesco Ciccone, che in una nota sottolinea come la ricorrenza coincida con il “200° anno di fondazione del glorioso corpo della polizia penitenziaria, che nel corso degli anni ha acquisito sempre maggiori competenze anche sul territorio”.

 Ciccone, evidenzia inoltre, “le difficoltà operative, dovute principalmente alla carenza di unità di polizia penitenziaria del reparto di Vibo Valentia”, il cui organico è passato “da 250 unità (momento di apertura dell’Istituto) a meno di 140”.

“Basti pensare – prosegue il rappresentante del Sappe - che nel '97 l’agente aveva 25 anni di età e svolgeva servizio in sezione con almeno un'unità di rinforzo ed oggi lo stesso agente con i suoi 45 anni di età lavora da solo con il moltiplicarsi di problemi legati alla gestione della popolazione detenuta.

Riteniamo importantissimo il lavoro della Polizia Penitenziaria nell’attività di contrasto alla criminalità organizzata, in condizioni di grave disagio poiché, a fronte del continuo aumento dei detenuti e del carico di lavoro degli istituti penitenziari, si continua a registrare una sistematica riduzione del personale, così come si registra un considerevole arretrato nella liquidazione del lavoro straordinario che, in considerazione della situazione di sovraffollamento, viene imposto”.

 “Per questo – continua la nota - riteniamo indispensabile procedere con assoluta urgenza all’aumento del personale della polizia penitenziaria ma anche di quello amministrativo, all’assegnazione di fondi per i sistemi tecnologici e di sicurezza, all’adeguamento del parco automezzi utilizzato per il trasporto dei detenuti e all’adeguamento delle risorse per la retribuzione del lavoro straordinario che, ribadiamo, il personale della polizia penitenziaria deve effettuare obbligatoriamente per necessità di sicurezza e non per propria scelta".

In conclusione, viene ribadita “la necessità di assegnare in pianta organica non meno di  60 unità di Polizia penitenziaria al reparto di Vibo Valentia”.

La “Junior Band Gemelli” di Filadelfia si esibisce nell'auditorium del carcere di Vibo

Riceviamo e pubblichiamo

"L’Associazione 'Diapason-Gemelli' in tutti gli anni della sua attività musicale e culturale, si è contraddistinta anche per il suo impegno nel sociale, con la partecipazione a manifestazioni ed iniziative che assumono un significato che va oltre l’aspetto artistico. In questa ottica il concerto tenuto in data 5 aprile scorso, presso l’Auditorium della Casa Circondariale di Vibo Valentia, dalla “Junior Band Gemelli”, orchestra giovanile della stessa associazione, assume un significato fortemente educativo e formativo. Organizzato grazie alla collaborazione e sensibilità del direttore della casa circondariale, Antonio Galati, del comandante della polizia penitenziaria Domenico Montauro e dai suoi collaboratori Antonio Tringale e Nazzareno Iannello, il concerto si è tenuto in una sala gremita di persone che hanno apprezzato l’omaggio che i nostri ragazzi hanno voluto offrire a chi in questo momento si trova in una particolare situazione di restrizione. Una esperienza significativa anche per tutti i nostri ragazzi, i maestri Massimo Campisano e Francesco Conidi, i loro tutor, Angela Marrella, Vito Torchia e Bruno Bartucca, il direttivo dell’associazione, il presidente Bruno Caruso Bruno, vice presidente Francesca De Nisi e il coordinatore Pasquale Masdea. Il programma musicale offerto è stato di notevole spessore e l’esecuzione brillante e suggestiva; brani di Nino Rota, Badelet & Zimmer, Vangelis, Trevor Jones, di importanti colonne sonore e autori per orchestra di fiati, il tutto incastonato nelle suggestioni di una esperienza unica e formativa. Le parole di apprezzamento espresse dal direttore Galati sono il giusto premio per i sacrifici che i nostri ragazzi e i loro maestri e tutor fanno per prepararsi artisticamente. Galati si è soffermato, infatti, su alcune considerazioni di carattere generale affermando che la musica, l’impegno artistico e culturale, allontanano i ragazzi dalla strada e quindi dalle devianze e che il loro esempio è da traino per tanti giovani che altrimenti potrebbero imboccare percorsi negativi; aggiungendo infine che, se le persone recluse avessero, nella loro vita, potuto frequentare percorsi culturali ed artistici come quelli dei nostri ragazzi, magari qualcuno non avrebbe intrapreso strade negative. Il concerto si è concluso tra gli applausi dei presenti. ‘Un’esperienza da ripetere’, ha commentato il sotto commissario Iannello alla fine della esecuzione, magari nel periodo natalizio del prossimo anno".

Bruno Giovanni Caruso - Presidente Associazione culturale musicale "Giovanni Gemelli" - Filadelfia

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Tenta suicidio nel carcere di Vibo, salvato grazie all'intervento della polizia penitenziaria

Riceviamo e pubblichiamo

"Nella serata di ieri un detenuto calabrese F. B. di Lamezia Terme di 43 anni, definitivo con una pena residua di un anno circa per reati a sfondo sessuale, ha tentato il suicidio all’interno della sua cella del Carcere Vibonese,  utilizzando una maglietta legata al collo e alle inferriate della cella e si è lasciato andare. E’ solo grazie al tempestivo intervento del personale di Polizia Penitenziaria e del personale medico che è stato strappato alla morte, trasportato d’urgenza in Ospedale dal personale medico del 118 in codice rosso in gravissime condizione se la caverà.

Un ringraziamento di tutta la Segreteria del Sappe va al personale che ha salvato la vita al detenuto, personale che giornalmente svolge il proprio compito svolgendo turni di 8 ore in sfregio a qualsiasi normativa a seguito del taglio in pianta organica di ben 60 unità di polizia penitenziaria ad oggi a svolgere servizio poco meno di 130 agenti a fronte dei 250 del 1997 anno in cui l’Istituto veniva inaugurato.

Auspichiamo che l’Amministrazione prenda atto del gesto eroico posto in essere dal personale e segnali ai Superiori Uffici Dipartimentali la possibilità di riconoscere al personale i giusti meriti per aver salvato una vita umana".

Francesco Ciccone - Segreteria regionale Sindacato autonomo polizia penitenziaria

 

Vibo: detenuto 19enne cerca di evadere dal carcere

Un 19enne di nazionalità libica ha tentato di evadere dal carcere di Vibo Valentia. Arrestato lo scorso 24 novembre a Vibo Marina in seguito ad uno dei tanti sbarchi d'immigrati, il giovane ha cercato di scavalcare il muro del cortile passeggi dopo essersi nascosto in prossimità della chiesa.

Il tentativo di fuga, però, è stato tempestivamente vanificato dall'immediato intervento degli uomini della polizia penitenziaria.

Una volta bloccato, il ragazzo è stato, ovviamente, ricondotto nella sua cella.

 

 

 

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